I più classici Arlecchino, Colombina e Pulcinella erano in
soffitta già da tempo.
Oggi, a Carnevale, il must lanciato - e poi ritirato per
proteste popolari - è il costume da “piccolo profugo”, una valigia di cartone, gilet,
pantaloni di due taglie più grandi per i maschietto, e un vestitino fiorato che
ricorda la scamiciata della nonna, per le femminucce: poco più di 24 euro per
somigliare e travestirsi da piccoli migranti crescono.
Il business non ha limiti morali, non rispetta valori e
disvalori, ma viaggia e specula su ciò che offre il mercato, di bello o di
brutto, di buono o cattivo. Sceglie tutto quello che nella quotidianità, tra
rischi e benefici, si riflette nelle attese, nelle scelte e nei bisogni
indotti. E crea utile.
L'annuncio di una ditta inglese, apparso su Amazon, noto sito
di vendite online, ha scatenato critiche, tanto da costringere gli
amministratori a ritirarlo. La Caritas italiana: "Un messaggio commerciale in un momento storico così delicato è
davvero vergognoso e da stigmatizzare. Forse l’azienda potrebbe investire gli
stessi soldi per comprare un giubbino per un bambino che magari si trova in
questo momento in mezzo al mare".
Il costume in vendita, tuttavia, non avrebbe però a che fare
con le continue tragedie dei profughi di oggi, ma con quelli di “ieri”.
Nella descrizione del prodotto, infatti si accenna alla “Guerra
Mondiale”: dunque, il riferimento sarebbe ai migranti della prima metà del
Novecento.
Forse, una sottile strategia commerciale che propone sì, la
novità e l’evidente allusione all’attualità, ma che si para furbescamente le
chiappe dalla prevedibile critica, collocando la maschera in tempi storici
diversi.
Insomma, come dire, una bella paraculata per attenuare
eticamente una maliziosa tattica di vendita e pubblicità.
Ora, non resta che attendere sul
mercato anche il costume da jihadista dell’Isis, con tanto di pugnale da
sgozzatore.
Sicuramente andrebbe a ruba, più di Tarzan e Robin Hood.
24 gennaio 2016 (Alfredo Laurano)
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