Oggi è l’Epifania che tutte le feste si porta via.
Ci siamo disintossicati, per un paio di settimane, di
politica, di migranti, di pallone e attualità, ma ci siamo intossicati di
torroni e panettoni, di lenticchie e cotechini, di tombole, mercanti e sette e
mezzo.
E, oggi, la befana, bruttarella e generosa, ci ha portato
in dono i saldi e qualche pezzo di carbone digestivo. Non come i re magi che,
dall’oriente, portavano oro, incenso e mirra.
Tutti per strada a caccia di occasioni, borse, scarpe,
abiti firmati. Lunghe file all’apertura dei negozi, sull’onda della contagiosa
euforia da risparmio.
E’ un rito, come tanti, che da tempo si ripete nella
storia del costume.
E’ la riedizione, in chiave moderna e più globale, della
fiera di paese di una volta, dove ciascuno, almeno una cosuccia, la comprava o
a qualcuno regalava. Anche perché, non era frequente ammirare così tanti
prodotti, animali, cibi e articoli vari in larga esposizione: ricchi e poveri,
nobili e contadini, massaie e bambini non potevano resistere a tale
irrinunciabile attrazione. Più o meno, la
stessa molla che muove oggi masse di consapevoli consumatori.
Saldi, sconti, promozioni: è la nuova etica che avanza,
che combatte la crisi e le finanze magre, che soddisfa un qualche desiderio o
un obbligo sociale che conforta la coscienza, anche quando nulla ormai ci
serve. Ma, un saldo a pochi soldi, un affare che la moda impone e che ci fa
sentir felici - come un bimbo che aspetta la befana - è cosa buona e giusta,
non tanto per gonfiare il guardaroba e il proprio Io, ma per celebrare il santo
consumismo.
6 gennaio 2016 (Alfredo Laurano)
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