Riccardo
Jacona e la feroce Gabanelli resistono sul terreno dell’inchiesta, Formigli è
sceso da tempo nella sua Piazza Pulita e ha sfidato l’Isis sul campo, con
reportage realizzati di persona, tra colpi di mitra e di mortaio, in Iraq e nei
pressi di Kobane. Maria Cuffaro s’è insediata al TG Tre, la Costamagna scrive
sul Fatto e conduce trasmissioni, Ruotolo, più volte minacciato dai clan
malavitosi, coltiva i suoi baffoni e il barbuto Bertazzoni, tra uno spintone e
un calcio sulle palle, ha ritrovato spazio nelle strade, come inviato della
detta Piazza.
Michele
Santoro, padre putativo di tutti questi figli, è al momento disoccupato e non
fa più talk show di approfondimento. Ma lancia “Buono!”: dalla mitica,
“cattiva” Samarcanda, agli odori “buoni” di cucina.
Secondo
alcuni rosica, ma non gli va più di risicare. E si sente forse abbandonato,
anche se ha fatto sempre il paladino dei deboli contro il Potere, ha dato voce
alle minoranze, ha denunciato abusi e soprusi, ha indagato e combattuto la
Mafia.
Solo
contro tutti: in Rai, in Mediaset, in tribunale, all’Europarlamento e nelle
piazze.
E’
innegabile, anche, che nella sua lunga e coerente carriera abbia cresciuto e
coccolato nel suo nido “sovversivo” quella bella schiera di giovani cronisti
intraprendenti.
Oggi,
sarebbe stanco, deluso e in crisi di contenuti perché, sempre per qualche
retrivo benpensante - dal pensiero debole e dalla risposta facile - è “antico”,
superato e il suo pubblico di riferimento non lo riconosce più come suo eroe
popolare.
L’idea
che adesso Santoro curi un inserto sul cibo appare sconvolgente.
Spezza
una tradizione, rompe gli equilibri da tempo consolidati nella storia della
televisione, disarciona i solidi riferimenti, i paletti e le etichette. Per
definizione.
E’
come se Vespa smettesse di smarchettare i suoi libri, ora da Renzi e prima da
Berlusca, o Del Debbio chiudesse le amate risse contro i migranti e silenziasse
le labbra garrule della Santanchè.
Proprio
il cibo! Il tema più inflazionato di questi anni.
Va
bene il reflusso, la tendenza e il disimpegno, ma questo si chiama esagerare.
Santoro deve continuare a occuparsi di politica, di società, di mondo e di
mafia, non di cucina, pensano tutti.
Ma
lui, a sorpresa, spariglia e si rimette in gioco e forse si ricicla o, meglio
si rinnova, o meglio percorre nuove vie in altre direzioni.
E si
inventa “Buono!”, un inserto di quattro pagine, abbinato al Fatto Quotidiano
del venerdì.
L’idea
è quella di farsi raccontare da uno chef per puntata una serie di posti del
gusto e di indirizzi del cuore, senza per forza concentrarsi su altissimi
livelli da gran gourmet.
Nel
primo numero, Gualtiero Marchesi, 85 anni, indiscusso padre della cucina
moderna italiana, racconta dei suoi luoghi preferiti, tra Parma e Milano.
Luoghi antichi o comunque tradizionali, ma anche moderni e giovanili.
Inevitabile
chiedersi se c’era bisogno di un nuovo inserto dedicato al cibo e scegliere di
affidarsi ai consigli e ai ricordi di uno chef.
“La redazione di “Servizio Pubblico” purtroppo
era piena di gente inadeguata alla rivoluzione - dice
ironicamente il salernitano Masaniello -
i più realisti si sono rifugiati nelle architetture che restano precariamente
in piedi: le piazze pulite, le quinte colonne, i quartieri Ballarò, ritinteggiati
a calce, quando non hanno trovato posto nel più astratto e meno deperibile ‘Di
Martedì’.
Un
gruppetto di fedelissimi, stretto intorno al guru, si è messo, quindi, in testa
di parlare di alimentazione, perché pensa che il cibo sia diventato una vera
ossessione, un’idea astratta onnipresente, un feticcio uscito definitivamente
dal nostro stomaco per invadere le pagine dei libri e dei giornali, le Tv, la
Rete e tutti i meandri angusti dell’informazione quotidiana. E vuole riportare
questo mangiare infinito nel finito di un tavolo per riscoprire la forza del
sapore, dell’odore, del gusto e, contemporaneamente, quello dell’amicizia e
dello star bene insieme. Queste le ufficiali motivazioni che spiegano la scelta
dirompente.
Sul
cibo c’è tanto da dire, se si vuol indagare a monte della tavola imbandita o
della cucina più alla moda. C’è da augurarsi che il nuovo inserto possa
occuparsene, visto che il giornalismo d'inchiesta è sempre stato il pane di
Santoro.
Oltre
ai “consigli per gli acquisti” da scegliere e mangiare, è legittimo aspettarsi
notizie sulle coltivazioni e sugli allevamenti intensivi, sui percorsi dal
produttore al consumatore, sull'industria agro-alimentare i cui prodotti,
biologici, di punta, di qualità, ma anche alterati e indesiderati - dai
pesticidi, ai grassi idrogenati e all’olio di palma - finiscono nei nostri
piatti e nelle nostre pance.
La
rivoluzione non è proprio finita, anche questa può essere una battaglia.
26
gennaio 2016 (Alfredo Laurano)
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