Forza
Italia è stata ufficialmente riesumata, il PDL archiviato e cancellato, la
scissione si è contestualmente consumata, la ministra Cancellieri salvata da
Letta e da Napolitano. Risultato? Il governo si è rafforzato: numericamente è
meno consistente, ma politicamente più forte. Non può più essere ricattato o
condizionato dagli umori quotidiani e dalle vicende personali e giudiziarie
dell’ancora cavaliere, che presto passerà all’opposizione.
Dopo
la farsa-pagliacciata del 2 ottobre scorso, con la mossa a sorpresa di
Berlusconi che annunciava, in zona Cesarini, la fiducia al governo, con
“travaglio e sofferenza”- per far finta di contare ancora e per trattenere la
fronda dei dissidenti, pronta a formare un nuovo gruppo - appariva piuttosto
chiaro che la frattura era insanabile. Di fatto, ne anticipava il divorzio,
rinviandolo solo di poche settimane.
Dalle
ceneri di quel PDL e dalla costituzione del Nuovo Centro Destra è arrivato
oggi, nei fatti e nelle cose, un naturale ed inatteso endorsement, “fatto in
casa” a favore dell’attuale esecutivo. Oggi si dice così - ed io mi adeguo per
non sembrare antiquato e demodé - quando si vuole indicare l’appoggio a
un’idea, ad una azione o il sostegno politico a favore di qualcuno. Molto più
del terribile “aiutino”e, per giunta, inaspettato!
Sull’altra
sponda, il PD aveva provato ad alzare la voce sulla Cancellieri, ma poi si è
adeguato e ha fatto marcia indietro, in
ossequio al manovratore.
Epifani
ondeggia e si destreggia. Renzi scalpita, ma abbozza. A briglia sciolta, invade
i palinsesti delle TV e - mi perdonino gli amici sardi, allagati veramente e in
grande sofferenza - li alluviona con fiumi di parole, spesso vuote.
Gli
altri candidati alla segreteria litigano, tra smentite, programmi e tessere
gonfiate.
In
attesa della decadenza di Berlusconi, ormai imminente, Alfano e le sue colombe
governiste - insultate, derise e minacciate - prendono le distanze da falchi,
falchetti, pitoni e lealisti, ma non da lui, che rimane pur sempre il loro
padre putativo.
Non
lo rinnegano, ma distinguono, con estremo sacrificio, la sua personale
condizione di condannato, di fatto fuori dalle istituzioni, dalla sopravvivenza
di un governo dalle “un po’ meno larghe, ma sicure intese.” Non per attacchi personali, ma per approccio
politico diverso e per costruire il futuro di quell’area. Per il bene del
Paese.
Ma,
anche perché i Cicchitto, i Formigoni, i Lupi e i Quagliariello sanno bene che
per sei anni, e quindi mai più (per motivi anagrafici, avrebbe 84 anni), Silvio
sarà premier o candidato ad alcuna carica nelle Istituzioni.
Potrà
operare, decidere, agire, intervenire, trafficare dall’esterno, ma il suo nome
non comparirà più sulle liste elettorali.
Poi,
dovranno occuparsi anche di raccogliere e radunare, nel clan dei moderati, i
costumati centristi residuali della traballante Scelta Civica, in fase di
annunciato dissolvimento.
Sanno
di essere il futuro di quel polo, ma sanno anche che devono freudianamente “uccidere
il padre”, se vogliono crescere e superare Edipo.
21 novembre 2013
AlfredoLaurano
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