In
questi giorni, puntuale come una cambiale, come la scadenza dell’Imu o del
bollo della macchina, arriva nelle librerie italiane l’ultima fatica letteraria
di Bruno Vespa.
È
un rito che si ripete, ormai da sempre, anno dopo anno, atteso con la stessa
ansia dei fedeli che accompagna, quasi in sincrono, la liquefazione del sangue
di San Gennaro.
E
San Bruno d’Aquila, coi suoi nei e la sua lingua, va dappertutto a smarchettare
il suo bel libretto di fine anno: nei talk, nelle trasmissioni di gossip e di
intrattenimento, invitato da colleghi servili e amici compiacenti, che lanciano
spot camuffati da notizia letteraria o interviste noiose e disarmanti, senza
pagare un obolo di pubblicità, grazie ai suoi tanti santi in paradiso.
E’
onnipresente. Accendi la TV e lo trovi da Fazio o alla cucina della Clerici, a
Domenica in o dalla D’Urso su Canale Cinque, a La Sette dalla Gruber o in
libreria e alla Camera di Commercio, con Berlusconi accanto e affezionato
sponsor, o nei TG di ogni razza, orario e conduzione. Manca solo nelle farmacie
notturne o in qualche mercato di quartiere e al Grande Fratello che, purtroppo,
è già finito.
Un’invasione
dilagante nelle case di tutti gli italiani, una magistrale operazione di
marketing, secondo una liturgia granitica che scandisce l’eterno scorrere del
tempo.
Subito
dopo l’uscita del libro di Vespa, arriva, casualmente, il santo Natale e,
sempre casualmente, qualcuno corre il rischio di trovarsi il santo volumetto,
impacchettato sotto l’albero.
Perché
dopo il gelo viene la primavera. È un ciclo che asseconda la natura, una
tradizione che non può mancare accanto al torrone e al panettone.
(Alfredo Laurano)
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