Non so quante volte ho parlato e
scritto di Sgarbi, quello della capra, quello che nel tempo libero si spaccia
per storico dell’arte, l’assenteista che percepisce gettoni e compensi senza
partecipare alle sedute. Quello, appunto, degli sgarbi, degli insulti e
parolacce che consuma a oltranza tutti i giorni, nel suo costante delirio di
arroganza e prepotenza.
Quello che, per appagare il suo smisurato
narcisismo e l’innata megalomania, si rivela essere un saltimbanco in cerca di
potere, ricchezza e venerazione.
Quello che ho già definito il peripatetico del
teleschermo, che si vende, passeggiando e diffamando, al miglior portico offerente,
facendo leva su una dialettica logorroica, che non può e non deve essere
interrotta o contenuta.
Da trent’anni, almeno, il bavoso invasato offende tutti a spada tratta, aggredisce qualsiasi interlocutore in un crescendo di violenza verbale intollerabile.
Da trent’anni, almeno, il bavoso invasato offende tutti a spada tratta, aggredisce qualsiasi interlocutore in un crescendo di violenza verbale intollerabile.
Spesso mi domando, e non sono il solo,
come mai nessuno lo prenda almeno a schiaffi (a parte, quello unico e storico
di Roberto D’Agostino).
Come mai non intervenga la psichiatria
ufficiale, con qualche efficace TSO o, quanto meno, un capace esorcista.
Stavolta, l’esagitato pagliaccio sempre
in onda, ce l’ha con il magistrato palermitano Nino Di Matteo, che il defunto Totò
Riina, intercettato in carcere mentre auspicava un attentato nei suoi confronti,
aveva condannato a morte (doveva fare “la fine del tonno” come il giudice
Falcone), nonché già oggetto di un piano omicida ordinato da Matteo Messina
Denaro, svelato da un pentito.
A queste pesantissime accuse lanciate
dallo Sgarbi quotidiano, appena nominato assessore ai Beni Culturali in Sicilia
dal neogovernatore Musumeci, il pm non ha replicato: “è stato già rinviato a giudizio per diffamazione aggravata nei miei
confronti".
Le parole disgustose di questo perduto folle,
già sindaco di un Comune sciolto per mafia (già solo questo fatto avrebbe dovuto
sconsigliare l’ennesima sua nomina) sono volgari e inaccettabili e non possono più
esser tollerate.
Da sempre scredita, infanga e attacca i
magistrati, a prescindere, forse per paura repressa o per inconfessata
ammirazione dei potenti e dei mafiosi, di cui subisce il fascino perverso.
Le sue affermazioni sono un affronto
alla civiltà e alla legalità! In un paese normale sarebbe emarginato da ogni
incarico o spazio pubblico, quale elemento nocivo, pericoloso e diseducativo.
In ogni caso, uno così, vittima delle
sue ossessioni e malato cronico di egolatria, deve essere cacciato, almeno
dalle Istituzioni, oltre che dalle TV e dai talk show.
Anche, perché, per rallegrarci ancora,
ha fatto sapere che, se alle prossime politiche vincerà l’armata berlusconiana,
gli è stata già promessa una poltrona da ministro.
Del
nulla, dell’insulto, del furore, della pubblica incultura. (Alfredo Laurano)
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