Il peggio sembra essere
passato….
Tornando alla giornata di
sabato scorso, che ha visto svolgersi due eventi di non poco conto, sotto vari
punti di vista, occorre fare qualche altra riflessione.
Durante la cerimonia della
celebrazione dei Trattati in Campidoglio, nei discorsi ufficiali dei capi di
stato e di governo, tutti hanno parlato dei problemi sociali, dell’economia che
si nutre delle diseguaglianze, delle promesse e degli impegni per costruire un’Europa
sociale, giusta e libera, in piena contraddizione, però, con le vicende di
attualità dei migranti ai confini o con i recenti esempi della Grecia in forte
sofferenza.
Tante belle parole, gonfie di
retorica e lontane dallo spirito ideale dei costituenti e dei precursori di
Ventotene, che non hanno cancellato le divisioni politiche dell’Unione europea,
anche nel rito della ricorrenza e secondo il protocollo, per dare solennità
storica all’avvenimento.
Le concomitanti manifestazioni
di protesta in programma a Roma nella stessa giornata di sabato e il timore di
possibili attentati avevano creato un clima di allarme senza precedenti.
Un avviso di pericolo lanciato
attraverso un bombardamento mediatico a tappeto che ha spaventato tutti,
svuotato la città e visto le piazze di una Roma spettrale e impaurita: gente
chiusa in casa, traffico deviato, negozi e quartieri chiusi, strade deserte occupate da vigili, mai così
numerosi, in ogni angolo del centro storico e, naturalmente, uno spiegamento
massiccio di mezzi e forze dell’ordine per i venti di guerriglia che giornali e
televisioni avevano annunciato a tamburo, formidabile antidoto a una
partecipazione più larga di manifestanti.
In questo scenario anomalo e
inusuale, in una città blindata, semivuota e minacciata, in ansia sui pericoli
della piazza, i vari cortei hanno scandito pacificamente la protesta e
l’impegno per “rifondare l’Europa”.
E, “purtroppo”, non è successo
niente di ciò che si temeva: merito della prevenzione, dell’intelligence, dei
servizi di sicurezza, del senso di responsabilità dei dissidenti? Nemmeno un
black bloc o qualche infiltrato di circostanza, utile al sistema. Quasi una delusione, qualcuno
ci sarà rimasto male.
Tutt’altro clima, tutt’altra
scena, nelle stesse ore, a Monza e a Milano, per l’altro atteso avvenimento del
giorno.
La massiccia presenza popolare
che non si è vista a Roma, città chiusa che ospitava i leader europei, era ad
accogliere la visita di papa Francesco nel suo viaggio pastorale tra le
periferie a parlare di povertà, di lavoro, invitando la gente ad “abbracciare i
confini”: un milione di persone al parco di Monza, ottantamila nello stadio
tutto esaurito di San Siro.
Ha visitato e pranzato con i
detenuti di S. Vittore, primo papa nella storia, ha telefonato a una cittadina
malata in ospedale come fosse una sua sorella, si è intrattenuto con una
famiglia musulmana e, come è ormai prassi, a fare selfie, ha usato un bagno
chimico sulla strada, ha parlato ai ragazzi di bullismo e di genitori che
litigano e fanno soffrire i figli
Bagno di folla, quindi, dalle
"Case bianche" all’incontro nel Duomo con il clero, per questo
“Papa degli ultimi”, che ogni
volta richiama e promuove grandi numeri e tante spese per l’organizzazione, per
le città presidiate, per le strutture, per un milione di sciarpe di saluto, per
spostamenti e misure di estrema sicurezza.
In parallelo, come sempre
accade dove c’è da speculare, l’inevitabile business dell’accoglienza: camere e
alloggi “vista papa”, proposti sul web, anche da privati, a prezzi vergognosi.
È pesata un bel po’ alla Curia
di Milano - e anche allo stato e agli sponsor - la visita di Papa Francesco.
Il solo gigantesco palco di Monza da rockstar - una struttura lunga ottanta
metri con due mega torri di alluminio per sorreggere la copertura e, a fianco,
una tribuna con cinquecento posti - pare sia costato, per poche ore di
utilizzo, un milione e trecentomila euro.
Uno spreco davvero
intollerabile per recitare una grande messa popolare, per sponsorizzare il
credo e fare campagna acquisti di fedeli.
Bergoglio, non credo, sia
d’accordo, ma nulla può quando prevale la ragion di stato, che tutto
giustifica, se utile alla causa, e non conosce alcuna forma di morale.
27 marzo 2017 (Alfredo
Laurano)
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