La
giornata di ieri, otto marzo, non è stata la solita festa della retorica
coniugata al femminile, che si ricorda delle donne una volta l’anno e le
autorizza ad andare in gruppo in pizzeria, senza compagni o mariti carcerieri
al seguito. O a vivere qualche “peccaminoso” momento di follia o
trasgressione, alzando un calice di frizzanti bollicine.
E’
stata una rivendicazione internazionale di diritti, come non accadeva da tempo,
che ha visto lo sciopero globale delle donne, a cui hanno aderito oltre 50 Paesi,
e rilanciato l'Otto Marzo, recuperando il senso originario di questa ricorrenza.
Non
un momento, quindi, di banale rito commerciale in rosa, contornato da smisurate
praterie di maleodoranti fiorellini gialli, ma una denuncia collettiva della
mancanza di diritti e di una parità di genere, ancora lontana dall'essere
raggiunta, motivi per i quali fu indetta, appunto, la Giornata Internazionale
della donna.
Tra
le prime violazioni dei diritti umani delle donne c'è sicuramente la violenza che,
anche secondo le Nazioni Unite, ha come risultato, un danno o una sofferenza
fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse minacce, coercizione o
privazione arbitraria della libertà nella vita pubblica o privata.
Una manifestazione contro
la brutalità e la prepotenza di genere e quindi anche contro tutte le forme di
discriminazione che si verificano nel mondo del lavoro.
In
Italia, lo sciopero è stato delle lavoratrici precarie, dipendenti, autonome e
disoccupate, del settore pubblico e di quello privato e ha visto
l'articolazione di assemblee, cortei e presidi in numerose città, flash mob e
proteste sul web.
“Non una di Meno”, è il
nome della mobilitazione di questo rinnovato movimento femminista, colorato di
nero, di fucsia e non di giallo. Un fenomeno ormai ben radicato nelle nostre società, che ha
visto reagire e mobilitarsi le donne di tutto il mondo e di ogni realtà, al
grido: “Se le nostre vite non valgono noi
ci fermiamo”.
(Alfredo Laurano)
(Alfredo Laurano)
Nessun commento:
Posta un commento