Scrive giustamente una mia amica: "la cosa triste è che certe pagine nate sul web per solidarietà, si trasformino in luoghi di accusa e guerra spietata contro l'altro... Ancora più triste è vedere che diventano un secchio di spazzatura, dove riversare le proprie frustrazioni, la propria rabbia, il proprio odio, malcelati da pseudo sentimenti di amore e vicinanza".
Sono perfettamente d'accordo.
Un gruppo di solidarietà o
una virtuale pagina collettiva non sono e non devono essere una vetrina per
mettere in mostra le nostre specialità, i nostri tormenti e limiti o le nostre
manie di protagonismo. Né, sono l’occasione e il pretesto per appagare il
narcisismo e le gesta di qualche esaltato rambo, acqua e farina, in missione
all’isola dei famosi.
Non siamo noi che ci dobbiamo esibire, ma i sentimenti e i
pensieri che ci accomunano e in cui ci riconosciamo, nella dignità di persone
solidali.
In varie occasioni, per
invitare alla riflessione e al controllo dei propri impulsi, anch’io ho sempre
sostenuto e scritto che lo sdegno, la collera, il furore, l’eventuale disprezzo
e la condanna morale nei confronti di qualcuno, e per qualsiasi ragione, vanno
sempre espressi con forza e determinazione, ma senza ricorrere mai alla volgarità
e agli insulti e senza, soprattutto, alimentare odio e insani sentimenti di
vendetta.
Senza minacciare o diffamare,
senza farneticare e auspicare forme di giustizialismo della notte, omicidi
collettivi o istigazioni al suicidio. Senza perseguitare, senza invocare pene,
propositi e auguri di morte e sofferenza.
Tutto questo si chiama razzismo e integralismo, barbarie e
intolleranza e non deve appartenerci.
Altrimenti, ci poniamo
sullo stesso piano di coloro che vogliamo criticare e condannare, anzi peggio. Rischiamo
di tornare al “homo homini lupus”, alla faccia della presunta civiltà giuridica
e democratica, a lungo e con fatica, conquistate, almeno sulla carta.
Ben venga la polemica, lo
scambio di opinioni, il confronto utile e pulito che aiuti a capire meglio e di
più. Che faccia parlare chi non ha voce o sia stato ridotto al silenzio, che
porti solidarietà e vicinanza a chi soffre.
Perché squalificare un ambizioso
progetto di tanta utilità sociale e psicologica che esalta sentimenti di amicizia
e umanità?
Mettiamo da parte la
rabbia, la sete di vendetta e il giustizialismo fuori luogo e senza senso, usiamo
la ragione e la coscienza, anche se una tastiera induce facilmente l’aggressività
protetta e un click del mouse ci fa abusare del diritto a sentenziare come nel
Far West: non basta un albero e il cappio a una corda per fare giustizia.
21 dicembre 2015 (Alfredo Laurano)
(Rif. Omicidio Marco Vannini - Ladispoli 17.5.2o15)
(Rif. Omicidio Marco Vannini - Ladispoli 17.5.2o15)
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