E’ vero, il Clan dei
Ciontoli è ancora a piede libero.
Festeggerà o trascorrerà
il Natale - non so come, dove, con chi e, soprattutto, con quale carico sulle
spalle - come normalissime persone, come tanti comuni cittadini.
Magari, si scambieranno
auguri e promesse con qualcuno, con parenti e amici che non li hanno
abbandonati. Di auguri, ne hanno certo bisogno per quello che loro succederà.
Sicuramente, vivono già un
tormento. E non da poco.
Prima che la Giustizia
faccia il suo corso, stanno già scontando una durissima condanna: mezza Italia
li odia e li disprezza, li insulta tutti i giorni e auspica per loro ogni pena
e ogni sciagura. Basti leggere gli infiniti, eloquenti e pesantissimi commenti
sul Web o alle TV per rendersene conto.
Si è compattato, spontaneamente, un vasto immaginario
collettivo che accusa e non perdona. Perché non c’è nulla da perdonare, se non
per coloro che nel perdono credono perché hanno fede e carità cristiana. Non è
il mio caso.
Ferme le evidenti colpe e
le responsabilità per cui dovranno giustamente pagare, mi domando: ma come si
può vivere nel disprezzo di una intera comunità, come si possono affrontare o
respingere invettive e maledizioni, come si può convivere con tanta emarginazione
sociale e morale?
Anche la peggiore faccia
tosta, l’arroganza e la spudoratezza di chi ha scarsa sensibilità e abbondante
menefreghismo può resistere a tanta pubblica esecrazione, a quel livore sociale
che ti accompagna in ogni ora del giorno e della notte, che si sente addosso,
che si materializza e si percepisce anche nell’aria e con il tatto. Sono come quella selvaggina
che viene stanata, inseguita, braccata e circoscritta in un’area, per spingerla
verso i cacciatori.
E’ un acconto di pena,
forse la tortura peggiore, da pagare fra l’attesa e l’incertezza di una punizione
che inevitabilmente arriverà. Penso che tutto ciò sia devastante e
insopportabile e non lo auguro al peggior nemico.
Auguro invece a Marina e
Valerio tanta forza per sopravvivere al loro dolore, in questo primo Natale
senza il loro adorato Bambinello. In tanti siamo loro vicini.
E un pensiero a Marco che tutti ormai amiamo come un figlio.
24 dicembre 2015 (Alfredo Laurano)
(Rif. Omicidio Marco Vannini - Ladispoli 17.5.2o15)
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