sabato 16 agosto 2014

IPERCONNESSI: GENERAZIONE IDIOTI



C’era una volta il vecchio sillabario, il vocabolario, l’astuccio con le gomme e coi colori e i quaderni a righe di prima, di terza o di quinta. I giornaletti, le figurine e gli album da disegno. E i “pizzini” che da bambini ci si scambiava in classe, di nascosto. 
Erano gli oggetti delle nostre relazioni e di quella comunicazione elementare ed istintiva che favoriva la socialità, l’apprendimento e la nostra formazione culturale.

Tutto sparito, come i giochi di strada e di cortile, e archiviato nel cassetto del passato e dei ricordi di una generazione che sembra avere più di un secolo alle spalle.
In soli due o tre decenni, la vita di ragazzini, adolescenti e nuovi giovani si è trasformata, la tecnologia ha completamente modificato abitudini e comportamenti quotidiani.

Nell’attuale mondo, virtuale e digitale, esistere equivale a comunicare.
E’ questo il nuovo, unico gioco che si svolge e si realizza nella grande piazza della realtà virtuale.

Si vive costantemente on line. Ogni rapporto umano è segnato e condizionato da un incessante scambio di poche parole storpiate su un telefonino, anzi uno smartphone, unico vero oggetto del desiderio che, nell’immaginario collettivo giovanile, ma non solo, ha soppiantato ogni altro interesse o bramosia. 
Tutti iper-connessi, tutti raggiungibili in tempo reale. Ognuno si sente vicino a chiunque, anche quando, in realtà, è disperatamente assente e lontano, in ogni senso. 

Post, annunci e messaggini non stop sublimano o condensano bisogni, capacità, qualità e conoscenze. Danno luogo a sfide, a scherzi, a confidenze, a improbabili ironie e a forme varie di emulazione che procurano appagamento ed esaltano il proprio narcisismo.
La socializzazione, la trasmissione di emozioni e di pensieri viaggiano oggi attraverso la magia di WhatsApp, un’applicazione internazionale che consente un fittizio dialogo continuo, a base di parole, di foto, di video e file audio.
Un’epidemia globale,inarrestabile e onnipresente. Dai poli all’equatore.

Comunicare è sicuramente un atto sociale di reciproca partecipazione e di relazione.
E’ un bisogno essenziale e vitale per l’uomo e per gli altri animali perché consente di scambiare e trasferire informazioni utili per la conoscenza, per la sopravvivenza, per la salute, per la sicurezza, per l’appartenenza a un gruppo, a una società.
E la scrittura ne è un potente mezzo, anche se non l'unico: ne esistono molti altri, infatti, come l'uso orale delle parole, delle immagini e dei colori, la gestualità, la simbologia e le tantissime espressioni non verbali.

Comunicazione significa " mettere in comune ": non  beni materiali o di consumo, ma contenuti che esprimono intenzioni, sensazioni, pensieri e sentimenti.
In pratica, comunicare vuol dire trasmettere qualcosa di proprio ad altri.
Ma, mentre la comunicazione interpersonale  mette in relazione solo un limitato numero di persone, quella mediale o di massa, raggiunge potenzialmente l'intera società: ogni informazione può coinvolgere chiunque e in tutto il mondo.
Da qui l’importanza, la forza e lo strapotere di internet.

L’abuso di comunicazione digitale, però, violenta la logica, la natura umana e i suoi ritmi biologici. Soprattutto, quando è banale, oziosa, inutile e fuori luogo. 
Cioè, quando non trasmette nulla, ma diventa un esercizio ginnico dell’articolazione della mano.
Il braccio, nell’evoluzione che Darwin non aveva previsto, non finisce più con la mano, ma con una strana protesi a forma di telefonino o di tastiera.
In caso di furto o smarrimento, infatti, si è presi dalla sindrome e dai dolori dell'arto fantasma.

Si è perso il senso della misura. Non si parla quasi più, se non al telefonino, anche quando si è vicini o seduti allo stesso tavolo. 

E’ del tutto normale camminare in strada, urlando nel minuscolo microfono delll’ultimo modello di smartphone. 
O in macchina, facendo manovre di parcheggio, con una sola mano sul volante. 

O scrivere sms in continuazione in ogni luogo e situazione: in pizzeria, al bar, negli ospedali, nelle scuole, a letto, al bagno, nell’intimità, guidando in autostrada o addirittura al mare mentre si è nell’acqua, tra le onde….
Ovunque ci siano dieci secondi da sfruttare per denunciare al mondo la propria imbecillità.

A proposito, mettetevi in fila: a fine mese, esce l’iPhone 6

13 agosto 2014                                                (Alfredo Laurano) 

                                               
                                                  

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