Petardi, palle di fango, carri armati di
latta e scudi di cartone: sembrano le armi dei ragazzi della via Pal che
giocano alla guerra fra bande, nel quartiere.
Dopo il referendum casareccio “alla
vicentina”, l’episodio dei secessionisti veneti, con tanto di ruspa al seguito “fai da te”, montata secondo
le istruzioni del libretto Ikea, potrebbe far sorridere, anche se, intercettati
in programmi e dichiarazioni, sono stati arrestati per terrorismo ed eversione
dai Carabinieri.
Può apparire infantile o essere visto come un
fatto di folclore locale ma, al di là dell’aspetto più comico e immediato del
gesto e del pur sicuramente scarso potenziale sovversivo che quella minoranza regionale
potrebbe mai esprimere, sarebbe da ingenui sottovalutarlo e liquidarlo come
burlesco evento goliardico.
Ridurre la questione a
caricatura della guerra di indipendenza non spiega l’insorgenza del fenomeno.
E’ un problema molto serio, da affrontare con attenzione, valutando il disagio
e il malessere che c’è dietro.
Quello dei veneti è il
sintomo di un male più ampio che ha radici profonde nel territorio, ma è assai
diffuso anche nella società e comune a quasi tutti gli italiani. Non
per niente più della metà, anche nel sud, si dice d’accordo con la rivolta dei
“Forconi”, nato peraltro in Sicilia.
Lì, in quella regione
di vivaci buontemponi, non nuovi a queste ardite imprese, si acuisce per il
tipo di economia espresso: piccoli imprenditori, imprese familiari di poche
unità che vedono peggiorare da troppo tempo la situazione economica, cadere le certezze
acquisite con il lavoro e la fatica e che, all’orizzonte, intravedono solo
precarietà e fallimento.
La feroce tassazione e
le cartelle di Equitalia mettono in discussione la sopravvivenza stessa delle aziende
e delle persone, che faticano a reggere la competizione del mercato e sono
costrette a licenziare, a chiudere o a delocalizzare: il prelievo fiscale è
sempre più asfissiante e insostenibile.
Nell’azione degli autonomisti veneti c’è
anche, sicuramente, un po’ di endemico razzismo e di xenofobia da parte di chi
oggi cavalca la crisi per seminare odio e diffidenza, soprattutto contro
immigrati, meridionali e diversamente padani.
Questi
ingredienti, pericolosissimi per la democrazia, vanno repressi e tenuti ben distinti
dalle motivazioni più generali e oggettive della protesta.
Domanda retorica: ma se in Italia va tutto
bene, tutti sono contenti, i soldi non mancano, c'è pane e lavoro per tutti, le
tasse sono giuste e si traducono in servizi, le aziende nascono e non chiudono,
le città sono pulite, gli ospedali e le scuole sono eccellenze, non c'è corruzione,
i politici sono missionari e benefattori, le banche non strozzano e
incoraggiano il credito, i giovani sono occupati e gli anziani vivono
tranquilli con la propria pensione….
perchè mai un popolo dovrebbe lamentarsi, insorgere e fare la rivoluzione col trattore travestito da carro armato?
perchè mai un popolo dovrebbe lamentarsi, insorgere e fare la rivoluzione col trattore travestito da carro armato?
4
aprile 2014 (Alfredo Laurano)
Nessun commento:
Posta un commento