La banda Salvini è riuscita a squalificare
anche l'inno di Mameli, fra i bagnanti e le cubiste, chiappe al vento.
Il ministro dell’Interno fa il
deejay alla consolle, mentre tutti cantano Fratelli d'Italia, come fosse la
macarena.
Fa schifo anche a me, che non
sono mai stato nazionalista, questa forma di volgarità unita all'arroganza.
A 170 anni dalla sua nascita,
l’inno ufficiale d’Italia - al quale, a suo tempo, Bossi mostrò il dito medio -
è stato ridicolizzato e umiliato in una esibizione di tracotante squallore sul
palco del Papeete di Milano Marittima, con un Salvini sudato ed eccitato, circondato
da ninfette provocanti, in costume leopardato, che ballavano e sculettavano al
ritmo patriottico del cantico degli Italiani.
Tra selfie, video, fiumi di
birra e mani levate al cielo, il vicepremier sorrideva divertito dall’ennesima
bravata.
Una scena che neanche Paolo
Sorrentino, regista de “La grande bellezza”, avrebbe potuto allestire e filmare
meglio.
Esuberanza Cafonal allo stato
puro, direbbe Dagospia, per indicarci la strada che abbiamo imboccato, fra
declino, degrado e, per molti, pentimento. (Alfredo Laurano)
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