Anche i suoi alleati, compari di
populismo sovranista, come la Le Pen in Francia e Orban in Ungheria, si
chiedono il perché del suicidio politico di Salvini, forse vittima di un colpo
di calore agostano. In realtà, ce lo chiediamo tutti o in tanti - opinionisti, analisti e osservatori politici, comuni cittadini - a prescindere
dalle proprie convinzioni o posizioni politiche.
Il suo comportamento stride con la logica, la crisi di governo che
inspiegabilmente ha scatenato si è consumata soprattutto contro lui stesso,
premiando, in un certo senso, proprio gli altri attori della commedia
giallo-verde: il presidente Conte e le truppe disastrate degli stellati, in
forte calo di consensi, che voleva sovrastare.
Ma ha rinvigorito e riportato a galla anche tutte le altre forze di
opposizione, che erano tranquillamente sopite e rassegnate, sotto il sole di
questa torrida estate. Una specie di inattesa benedizione, un imprevisto invito
a recuperare scopi e identità. E ciò vale anche per “Fratelli d’Italia” e per
quel che rimane del partito di Berlusconi.
Invece di raccontare balle, di parlare “dei troppi no” alle sue
iniziative, di ipotizzare surrettizie manovre e fantasiosi inciuci di palazzo,
ci dovrebbe semplicemente spiegare, ma dovrebbe farlo capire soprattutto ai suoi
esterrefatti e increduli barbari padani, perché:
- ha fatto cadere un governo in cui spadroneggiava col suo solo (e reale)
17% di parlamentari. Lo aveva praticamente in mano e pontificava come fosse l’effettivo
premier, avocandosi anche le competenze di altri ministri e ministeri;
- ha rinunciato al Viminale, che era ormai di sua esclusiva
proprietà, che gli garantiva potere, propaganda e visibilità, anche
internazionale, ipertrofizzando il suo smisurato ego (vedi il continuo teatrino
delle navi Ong e dei porti chiusi, sulla pelle dei disperati);
- ha resuscitato Renzi, perdente e in punizione nel Partito Democratico
- anche se ancora padrone in parte dello stesso, con i suoi fedelissimi - che
stava riflettendo, in un dorato angolo, sul suo prossimo partito da fondare.
Ora, cogliendo l’occasione propizia, ha ripreso forza e si è subito lanciato in
nuove sfide e proposte che rinnegano totalmente le sue indiscutibili scelte di
un anno e mezzo fa contro i Cinque Stelle. Ma per alcuni la politica è l’arte
di cambiare: idee, pensieri, uomini, azioni, alleanze, come abiti di stagione e
convenienze;
- ha rivitalizzato proprio il triste e rassegnato Di Maio e i
pentastellati che, in crisi nera dopo l’Europee, che ne avevano dimezzato i
consensi, teneva sotto scacco e costretti ai suoi voleri. Ora, si sono avvinghiati,
come non mai, al premier Conte, garante della loro identità e sopravvivenza.
A suo dispetto, un governo dovranno quindi farlo per forza: per non
perdere l’occasione di ritorno al potere, per non affossare definitivamente l’economia
del Paese (manovra finanziaria alle porte, aumento Iva al 25%, riduzione
tasse), per non perdere altri consensi (il M5S è dato intorno al 10%) in caso
di elezioni e per non consegnare l’inno e la guida d’Italia alle fanciulle
sculettanti del Papeete.
Ma davvero, lo sciocco e ingenuo capitan Cocoricò pensava che, per intercessione
del sacro cuore di Maria, lo avrebbero lasciato andare al voto subito, col
picchetto d’onore e il tappeto rosso sotto i piedi? E con il rosario sventolato in mano, come il lazo dei cow boy?
Che avrebbero brindato alle sue nuove nozze con “sorella Giorgia” e con
un eventuale pezzetto di forzisti a far da interessati testimoni a un governo di estrema destra e anche razzista??
22 agosto 2019 (Alfredo Laurano)
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