Si amano, si
odiano, si sopportano, si punzecchiano, si accusano, si fanno la guerra, ogni
giorno, poi fanno la pace. Come due amanti litigiosi e innaturali forzati dagli
eventi, che stanno insieme per calcolo e necessità.
Come due separati in casa che fanno pippa e tirano a campare per non perdere il bene comune, l’onore, il prestigio, le conquiste, i reciproci vantaggi e i troppi privilegi. E nessuno molla l’osso quotidiano del potere che, dopo il voto europeo, ha ribaltato e completamente capovolto la consistenza delle parti, i rapporti di forza politica e il peso specifico di ciascuno.
Come due separati in casa che fanno pippa e tirano a campare per non perdere il bene comune, l’onore, il prestigio, le conquiste, i reciproci vantaggi e i troppi privilegi. E nessuno molla l’osso quotidiano del potere che, dopo il voto europeo, ha ribaltato e completamente capovolto la consistenza delle parti, i rapporti di forza politica e il peso specifico di ciascuno.
Ma, volendo
dar credito al Dago-pensiero, esisterebbe un piano segreto di Matteo Salvini
per evitare la finanziaria lacrime e sangue: porterebbe all'esasperazione i
Cinquestelle, con una provocazione lenta e continua, stando bene attento, però,
a evitare la rottura. Fino a luglio, fino a quando un voto anticipato a
settembre non sarà più possibile. A quel punto un ineluttabile governo tecnico
farà felice la tecnocrazia europea e incazzare parecchio gli italiani.
Col voto
politico rimandato a marzo 2020, l’abile stratega confida di fare il pieno dei
voti contro l'Europa.
Quindi,
temporeggiare, aspettare, pazientare.
Ha ceduto
sul caso Siri, si è mostrato remissivo su Rixi e ha accettato che venissero
inglobate solo 3 proposte su 5 della Lega nel decreto “sblocca-cantieri”. Il
summit chiarificatore con Di Maio - sempre più vittima sacrificale - è stato
rimandato a lunedì, dopo i ballottaggi: meglio arrivare all’incontro con
qualche sindaco in più nella bacheca elettorale.
Nel
frattempo, il ministro dell’Interno imbastisce la complessa tattica di
logoramento verso i Cinquestelle, che si basa su tre presupposti:
- capitalizzare presto il consenso che gonfia
le vele della Lega;
- il governo, così com’è, non soddisfa più per
composizione ed efficacia;
- la responsabilità della rottura deve essere
del M5S.
Il vice
premier non vuole pagare lo scotto (di consensi) di staccare la spina al
governo per poi ritrovarsi - magari a Palazzo Chigi e con una nuova maggioranza
- a varare una manovra economica lacrime e sangue. Ecco perché vuole esasperare
i grillini, fino a spingerli a far saltare il tavolo.
A quel
punto, Salvini potrebbe indossare l’abito buono del “responsabile” chiedendo a
Mattarella di non trascinare subito il Paese al voto. Il “no” alle urne
permetterebbe al Colle di imbastire il suddetto governo tecnico - di quelli
tanto cari a Bruxelles e alle cancellerie europee - che dovrà confezionare una
manovra-supposta per gli italiani.
Intanto,
conta i giorni: deve scavallare giugno e arrivare a metà luglio quando
l’ipotesi di elezioni anticipate sarà definitivamente scongiurata vista la
necessità di iniziare subito i lavori preparatori per la manovra 2019.
Il piano
leghista prevede di lasciare che gli elettori assaggino l’amara purga di un
altro esecutivo “alla Monti”, per poter affermare: “Avete visto cosa succede a
impedire alla Lega di governare?”
Solo dopo che la cinghia sui conti pubblici sarà diventata un cappio, Salvini potrà chiedere di andare al voto, a marzo 2020, e stravincere facilmente.
Solo dopo che la cinghia sui conti pubblici sarà diventata un cappio, Salvini potrà chiedere di andare al voto, a marzo 2020, e stravincere facilmente.
In tutta
questa strategia sarà appoggiato e supportato da quella TV generalista che si
chiama Raiuno, espugnata a colpi di epurazioni, promozioni di fedelissimi e
occupazione militare delle postazioni-chiave, ma che in realtà è TeleSalvini.
E, da domani, con la presentazione del palinsesto estivo, prenderà
ufficialmente il via.
Ai
sovranisti programmi pop e nuovi palinsesti di propaganda. L'obiettivo è
trasformare i contenitori a metà tra informazione e intrattenimento, come
"Unomattina" (affidato al devotissimo Poletti, ex direttore di Radio Padania e
biografo di Salvini) e "La vita in diretta", in potenti megafoni
della Lega e del linguaggio secondo Matteo.
Dove non contano
i fatti e neppure i numeri, ma la retorica ridondante e ripetitiva, fino
all’ossessione: gli amici, i nemici, i nostri figli, i valori, la patria, le
tradizioni, la difesa dei confini, i porti chiusi e lo stop all’immigrazione, usando
sempre le stesse formulazioni e gli stessi toni caldi e severi, “da ministro, da papà, da italiano”,
con una coerenza estenuante.
Pochi concetti chiave
che fanno presa e consenso, slogan incisivi, esaltanti e penetranti, grondanti
di demagogia e populismo, uniti a schemi semplici, da rimandare a memoria. Tutto è stato studiato attentamente. Sarà difficile “desalvinizzarci!”
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