Un’altra
tragedia, come quella del piccolo Aylan: il suo corpicino, avvolto da una
maglietta rossa, riverso su una spiaggia turca, divenne il triste simbolo
dell'immigrazione verso l'Europa e sconvolse, per un po’, solo per un po’, il
mondo.
Ora, un’altra
immagine shock di un padre con la sua bimba di due anni, morti annegati nel Rio
Grande mentre cercavano di attraversare il confine tra Messico e Stati Uniti,
per evitare il muro, indigna di nuovo, per un po’ e solo per un po’, l'America
e tutto il mondo.
Un'altra vergogna.
Un’altra maglietta, stavolta nera, destinata a diventare metafora della tragedia dei migranti dal Centro America. Quella indossata da un padre, il salvadoregno Oscar Alberto Martinez, entro cui era compreso e unito, come in un ultimo, angoscioso abbraccio, il piccolo corpo di una bimba di due anni, che si chiamava Angie Valeria. Probabilmente, quel padre aveva cercato di tenere la piccola stretta a sé, per proteggerla meglio. Il braccio della bimba era ancora attorno al suo collo.
Un’altra maglietta, stavolta nera, destinata a diventare metafora della tragedia dei migranti dal Centro America. Quella indossata da un padre, il salvadoregno Oscar Alberto Martinez, entro cui era compreso e unito, come in un ultimo, angoscioso abbraccio, il piccolo corpo di una bimba di due anni, che si chiamava Angie Valeria. Probabilmente, quel padre aveva cercato di tenere la piccola stretta a sé, per proteggerla meglio. Il braccio della bimba era ancora attorno al suo collo.
Chiunque
abbia visto quell’immagine, cruda e straziante, non ha trovato le parole, non
ha trattenuto l’emozione o le lacrime, anche nei commenti TV.
Sono ambedue
annegati, trascinati dalla corrente, e trovati, immersi a testa in giù nel
fango di quel fiume “boiaccia” e assassino, almeno quanto Trump, vero
responsabile di queste e di tante altre morti di disperati in cerca di salvezza
e di vita dignitosa. “Una macchia sulla nostra coscienza morale”, ha twittato
un parlamentare democratico.
Anche una
donna guatemalese, con tre bambini, uno neonato, sono rimasti vittime, forse
del caldo e della disidratazione, nel tentativo di varcare quel confine,
affrontando sofferenze e rischi che accomunano migliaia di persone che dal
Centro America cercano di arrivare negli Stati Uniti, attraversando zone
desertiche o guadando i fiumi, spesso per fare domanda di asilo, scappando da
violenze, povertà e persecuzioni.
Le principali
emittenti Usa e i media sul web ripropongono in continuazione quelle immagini
che sono come un pugno nello stomaco. Ma dalle autorità americane solo
silenzio, a parte il fragore polemiche politiche.
Soprattutto
per la gestione dei campi, al confine del Messico, dove vengono trattenuti i
bambini separati dalle famiglie illegali, dopo che un gruppo di avvocati ha
testimoniato le condizioni terribili in cui i minori sono costretti a vivere:
senza cibo adeguato, con scarsa assistenza medica, i neonati che vengono
accuditi da altri minori. Nell'ultimo anno, sono sei i bambini che hanno perso
la vita.
Dall'inizio
di quest’anno, quasi 500 mila migranti sono stati fermati nel tentativo di
attraversare il confine statunitense. Nel 2018 i migranti morti al confine tra
Usa e Messico furono 283.
E la strage
continua.
Gli Aylan, le
Angie e tantissime altre innocenti creature, colpevoli di essere nate nella
parte sbagliata del mondo, continuano a morire con le loro magliette, ormai
simboliche e distintive, nei mari, nei monti e nei fiumi, come in una sorta di
selezione cinica e innaturale della specie. Come vittime designate di un sacrificio
tribale e primitivo da far pagare ai miserabili, agli afflitti, agli esclusi ed
agli emarginati, nella criminale indifferenza del mondo, negli abusi, immorali
e intollerabili, delle divinità padrone della ricchezza e del potere.
(Alfredo Laurano)
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