Diciamolo
subito: ci sono riusciti brillantemente senza “scannarsi”, come ipotizzava (o
temeva) il sottotitolo. Anzi, hanno creato un naturale amalgama di intenti e di
voleri, un esemplare unicum continuativo e reciprocamente rispettoso, grazie, forse,
alla benedetta protezione di una straordinaria triade, Dante, Galileo e Giulio
Cesare, ossia, spirito, ragione, astuzia. O poeta, scienziato e imperatore.
Stiamo parlando dei ragazzi della Quinta E del liceo
scientifico Mattei, di Cerveteri, che hanno sperimentato la scrittura
collettiva nel loro libro “METTI DANTE, GALILEO E GIULIO CESARE – come
scrivere un libro in 15 senza scannarsi”.
Tre summi viri liberamente scelti (“Ragà, tocca decide la Trinità”) - senza offesa per Marx o Kant,
per Leopardi o Leonardo, per il “vate” Bollella o Che Guevara - dopo un
sofferto confronto che, alla fine, ha premiato il padre della letteratura,
quello della scienza e del relativo metodo sperimentale e quello della storia,
della politica e del potere.
Si, stiamo scoprendo un bel pezzetto - magari minimo,
magari infinitesimale - di quella “meglio
gioventù” che le cronache e la storia hanno raccontato e rivisitato, nei
lontani anni sessanta, settanta e a seguire, in tutta la propria intensità e
bellezza: impegnata, attiva, partecipe, sensibile, consapevole, ricca di
valori, di sane ideologie e umanità. Una dimensione oggi quasi anacronistica
che fa da contraltare a quella che pratica bullismo e indifferenza, apatia e
menefreghismo, dipendenza da realtà virtuali e da apparenti perle ipertecnologiche,
selfie, mode, musica trap, comportamenti omologati, linguaggi elementari e
minimal e immagini spietate, come vuole la prassi del vivere on line,
catturando il peggio del web e metabolizzando il vangelo di internet: i nuovi
profeti del fancazzismo telematico.
Una certa conferma in
tal senso viene anche dalla convinta prefazione del giovane sindaco barricadero
di Cerveteri, Alessio Pascucci, per il quale scrivere è un atto di ribellione e
libertà e il tentativo di scrittura collettiva di questi ragazzi è
un’esperienza fortemente democratica ed estremamente rivoluzionaria,
soprattutto nei tristi tempi della discriminazione, della prevaricazione e di
prove di forza: è un gesto di altruismo, pur fra mille dubbi, timori e paure.
E viene anche dalla introduzione della appassionata prof. Alessandra
Amoruso - che ha coordinato e guidato il lavoro di tutti - quando ricorda che
insegnare è un’esperienza meravigliosa, perché dona, ogni giorno, il privilegio
di entrare in contatto con tanta bellezza.
Una fatica letteraria,
quindi, una scrittura a trenta mani, con l’ambiziosa intenzione di riuscire a
cambiare i paletti dell’obbligatoria Alternanza Scuola Lavoro o, quanto meno,
di criticarla, sperimentando il lavoro di scrittore, secondo la tecnica
narrativa dello “scrivi e passa”: chi ha finito il suo pezzo passa la tastiera
al compagno che scrive un altro paragrafo.
Quindici studenti
capaci e coraggiosi sugli impervi sentieri dell’avventura bibliografica fai da
te, piena di insidie e trabocchetti, di prove difficili e trappole semantiche e
retoriche.
Essi
stessi ne parlano.
Dal
caos iniziale e dal brain storming (tempesta di cervelli), all’aiuto reciproco e dell’editore entusiasta. Dall’
introduzione alla scrittura collettiva (dalla lettera di Don Milani, alla
nostra stessa Costituzione, quali esempi illuminanti), a come si scrive un
libro a più voci, che è anche un percorso di crescita condivisa e di stima e
fiducia reciproche.
Distruggiamo per costruire un unico, comune obiettivo: scrivere un romanzo tutti insieme, nel quale trattare il tema di come si scrive quel romanzo, usando la tecnica della scrittura collettiva. Un libro nel libro, come le scatole cinesi o le matrioske russe.
Distruggiamo per costruire un unico, comune obiettivo: scrivere un romanzo tutti insieme, nel quale trattare il tema di come si scrive quel romanzo, usando la tecnica della scrittura collettiva. Un libro nel libro, come le scatole cinesi o le matrioske russe.
Dove la trama è la
costruzione del racconto stesso, che via via si sviluppa e cresce, pagina dopo
pagina, fra dialoghi, azioni, ricordi, luoghi, riflessioni, atmosfere e gite a Napoli, sotto il diluvio, ma con la “mejo” pizza
mai mangiata... Dove i personaggi sono gli autori stessi, che giocano a interpretarsi,
a stuzzicarsi e a trovare i giusti e rispettivi ruoli, anche a livello fisico e
caratteriale.
Basta lasciarsi andare,
farsi prendere dall’entusiasmo della parola e abbandonarsi al fascino lessicale.
E tutto si compone, quasi per magia.
Perché, dicono con competenza, la scrittura collettiva è di
fatto la sommatoria di micro scritture individuali. “Non è un metodo fisso, ma liquido e si adatta alle nostre esigenze…il
libro è frutto di un continuo confronto e non importa il chi e il come scrive,
ma solo il risultato del gruppo”.
E’ come all’interno di una famiglia allargata, fondata da un carismatico tutor, capace di mediare, armonizzare, ispirare, creare feeling e sedare anche eventuali liti e discussioni: l’insostituibile e “molto più che una prof” di Lettere, Alessandra Amoruso.
E’ come all’interno di una famiglia allargata, fondata da un carismatico tutor, capace di mediare, armonizzare, ispirare, creare feeling e sedare anche eventuali liti e discussioni: l’insostituibile e “molto più che una prof” di Lettere, Alessandra Amoruso.
Scrivere è comunque “una
sfida fra te e te, quindi io sono la mia sfida”.
“Si scrive per comunicare ogni tipo di sentimento. Per sfogarsi ed eliminare tutti i pensieri negativi”.
“E’ qualcosa di unico, di cui a volte non ci rendiamo conto, un momento di evasione che libera nostri pensieri e scopre la maschera della eventuale timidezza”.
“E’ uno spazio intimo di cui siamo assolutamente padroni, che dà un volto e concretizza emozioni, sensazioni, paure, che fluttuerebbero altrimenti nella nostra mente”.
“Uno dei mezzi che usiamo per esprimere pensieri e stati d’animo”.
“Nella scrittura c’è qualcosa che va oltre la sua utilità e la sua valenza pratica: è una terapia che rilassa.
“Il libro è una parte di noi, perché quando prendiamo carta e penna o una tastiera, lasciamo nel testo un po’ di noi”.
“Si scrive per comunicare ogni tipo di sentimento. Per sfogarsi ed eliminare tutti i pensieri negativi”.
“E’ qualcosa di unico, di cui a volte non ci rendiamo conto, un momento di evasione che libera nostri pensieri e scopre la maschera della eventuale timidezza”.
“E’ uno spazio intimo di cui siamo assolutamente padroni, che dà un volto e concretizza emozioni, sensazioni, paure, che fluttuerebbero altrimenti nella nostra mente”.
“Uno dei mezzi che usiamo per esprimere pensieri e stati d’animo”.
“Nella scrittura c’è qualcosa che va oltre la sua utilità e la sua valenza pratica: è una terapia che rilassa.
“Il libro è una parte di noi, perché quando prendiamo carta e penna o una tastiera, lasciamo nel testo un po’ di noi”.
“Scrittura amica,
nemica, in un rapporto conflittuale fra troppe regole – grammatica, sintassi e
ortografia – che limitano le idee”.
In realtà, caro Colonna, sono soltanto i tagli e le
cuciture dell’abito elegante e su misura che confeziona le tue idee, le nostre
idee.
Dibattito veramente vivace, stimolante, quanto mai dettagliato e circostanziato, che può forse riassumersi così: “Grazie a questo tipo di scrittura riesco ad esprimere meglio il mio
pensiero. Questa esperienza ha permesso di tirar fuori tutte le emozioni e i
sentimenti del singolo e del collettivo”. Sicuramente, anche quelle legate
ai cinque fantastici anni passati insieme.
Come scrive il Lai, “non c’è niente di più bello che scrivere ciò
che si pensa e si prova, senza che nessuno ci giudichi”.
Perché la scrittura, ci ricorda Cristiano, è condivisione di noi stessi.
Perché la scrittura, ci ricorda Cristiano, è condivisione di noi stessi.
Perché la scrittura è altruismo. Come già diceva
in prefazione il sindaco.
12 giugno 2019 (Alfredo Laurano)
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