Che tristezza,
che vago senso di malinconia.
Come dopo tanta
luce, dopo il sole che tramonta, si affacciano, timide, ma decise, le ombre del
crepuscolo che avvolgono l’anima e la mente.
L’estate sta finendo, agosto se n’è andato,
non è più tempo di mare e di vacanze.
Anche l’aria è rinfrescata e si respira senza
ventole e condizionatori, col lenzuolino di notte sulle gambe.
Manca poco alla scuola, alla polenta e al
panettone, in un attimo sarà Natale.
Non è stata una stagione delle meraviglie,
anzi, come sempre, ci ha regalato tragedie, vittime, problemi, casi inquietanti
e tante chiacchiere inutili e nocive. Dalla politica degli sceriffi, ai crolli
di chiese e ponti genovesi, dagli sbarchi ai porti chiusi, dagli alberi alle
voragini nella capitale.
Tutto si è svolto, nella rabbia o nell’indifferenza,
tra i commenti ironici sotto l’ombrellone, col giornale in mano, mentre
qualcuno - pompieri, volontari e forze dell’ordine - era a sputar sangue,
polvere e dolore.
Tutto è successo nell’ordinaria quotidianità,
con punte acute di grottesco e di ridicolo, a sfiorar la farsa.
Un altro anno ha quasi lasciato il nostro
calendario personale, ha tagliato le nostre illusioni, ha segato o
ridimensionato progetti e desideri o, soprattutto, voglia di fare, di andare,
di cercare, di voler vivere emozioni, da soli o in compagnia.
Tutto è già quasi ricordo: un viaggio, un’esperienza
condivisa, una bella tavolata, un incontro, una serata sotto le stelle o un
vivace scambio di idee e di pensieri.
Anche perché il tempo ineluttabilmente scorre,
incalza e non distingue le stagioni della vita. Insegue un suo disegno che non
conosciamo, procede a oltranza e non ti guarda in faccia, tra le rughe e le
speranze.
Anzi se ne fotte.
(Alfredo Laurano)
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