E
meno male che, fino a poco tempo fa, ce l’avevano tutti, o quasi, con l’emerito
ex presidente Napolitano: troppo interventista, decisionista, sapiente
calcolatore, per anni dominus della politica italiana, capace di fare e disfare
governi, influenzandone le scelte e condizionandone le strategie!
Il
mite Mattarella, come sempre instampellato e riservato, ha invece giocato d’astuzia,
surrettiziamente, sornione e misurato, secondo la tipica tradizione democristiana.
Dopo
aver a lungo minacciato e annunciato un esecutivo del presidente o
istituzionale, ha affidato il formale incarico di formare un governo (che, in
realtà, non aveva alcuna intenzione di far nascere, visto che non ha dato
mandato di esplorazione alla coalizione, ma a uno sconosciuto suggerito dalla
stessa) a chi aveva sulla carta una possibile maggioranza in Parlamento, convinto
che non si sarebbero messi d’accordo. Che reddito di cittadinanza, flat tax e
abolizione della legge Fornero, mai avrebbero visto la luce, data la difficile
impresa di trovare le risorse per le relative coperture. Che quindi avrebbero
fallito e giustificato il suo governo di emergenza, ora, infatti, affidato a
Cottarelli.
E,
soprattutto, senza andare contro l’Europa e i suoi voleri, in un contesto di
ordine economico mondiale, dove procedure e parametri sono interconnessi, e con
un debito pubblico troppo alto, che non consente margini di manovra.
La
previsione, però, era sbagliata, tanto che si è arrivati alla lista concordata
dei ministri.
Paolo
Savona - economista di valore, una carriera in Banca d’Italia con Guido Carli e
già ministro del governo Ciampi - indicato quale ministro dell’Economia è diventato
allora solo un pretesto per far fallire il banco, dopo 85 giorni di giochi,
finte, accordi e soluzioni.
La
sua nomina, preceduta dagli attacchi della stampa estera e dei cosiddetti poteri
forti (segnali eloquenti), ha trovato la censura del capo dello stato,
nonostante avesse cercato di tranquillizzare Quirinale, spread e Mercati,
precisando la natura del suo rapporto con l'Europa: “Voglio un'Europa diversa, più forte, ma più equa, oltre la riduzione
del debito e la crescita del Pil".
Ma
non è stato sufficiente, nemmeno la pubblica abiura avrebbe riabilitato l’eretico
ottantaduenne, ormai noto e dipinto come sovversivo antieuropeista: trattative
e strategie hanno lasciato il campo allo scontro che si è fatto istituzionale.
Ci
si chiede, tuttavia, perché, pur di raggiungere l’agognata meta, il duo delle
meraviglie giallo-verdi non abbia accettato la possibile e prevedibile soluzione
Giorgetti per il conteso dicastero, che avrebbe inchiodato o sbugiardato le
intenzioni del rigido Mattarella.
Forse,
a dispetto del disagiato premier incaricato Conte, del ridicolo teatrino dei
ruoli e delle parti e a prescindere da come sarebbe teoricamente andato il
cosiddetto “governo del cambiamento”, sarebbe bastato non far partire affatto
il
contratto di programma, non accettare una maggioranza così ambigua e strana e
un governo anti-sistema che, secondo Mattarella, avrebbe ferito la
Costituzione, umiliato il ruolo di garanzia della presidenza della repubblica, ridiscusso
la permanenza nell’Euro e messo in pericolo i risparmi degli italiani.
Ma
tutto ciò non avrebbe fatto sorridere e premiato, ancora una volta, gli
eurocrati di Bruxelles che decidono politiche, nomine, vincoli e destini dei
Paesi membri, sapientemente colonizzati. (Alfredo Laurano)
Nessun commento:
Posta un commento