domenica 20 maggio 2018

PIU' LUI CHE LORO


La cavalcata rumorosa e allucinante di LORO 1 raccontava la giostra volgare e famelica dell’Italia berlusconiana, dei faccendieri, degli affaristi, delle mignotte e dei magnaccia; di quelli che lo adulavano, che speravano di ricavare un minuscolo pezzetto di potere, di entrare nel suo regno e nelle sue grazie, sostenuti nell’impresa da un background di sesso, cocaina ed esibizionismo; quelli che, per soldi, per prestigio e privilegi, ne hanno creato indirettamente il mito, supplicandolo, lusingandolo, offrendo servizi e merce umana fresca e pronta ad ogni sacrificio.
Con LORO 2, finisce la farsa e il frastuono, niente più caos e ritmi forsennati, soprese, smargiasserie e megalomanie.

Dopo una stravagante depilazione pubica, a bordo piscina, della compagna di Morra-Scamarcio, entriamo nel cuore del privato, nella quiete quotidiana dell'eremo sardo, dove il Re Sole, in pausa di governo, attende l'occasione per tornare sulla scena, studiando strategie propizie con i fidati Doris e Confalonieri: “semplice, basta convincere sei senatori a passare dalla tua parte!”.
E Lui, per verificare le sue doti di abilissimo persuasore e la capacità di “vendere ancora sogni”, si esibisce in una paradossale telefonata a una sconosciuta, per convincerla a comprare una casa che non le serve affatto.
Per il resto, c’è la bella Veronica, c’è la sua vita, “un’intera messinscena”, da cui lei stessa ha deciso di tirarsi fuori. C’è la crisi e la nostalgia, il fallimento di un matrimonio e di un amore assai rimpianto, su uno sfondo di eloquenti silenzi e “malafemmina”, di farfalline d’oro in regalo a tutte le invitate, di qualche vago cenno di misurato e casto Bunga-bunga e l’attrazione del vulcano casareccio che consola.
Nell’affresco di Sorrentino, a dispetto delle attese, non si dipinge il potere e il politico brillante, il satiro spregiudicato e gaudente che si destreggia fra processi e magistrati, fra nipotine egiziane e minorenni - salvo Noemi che compie diciott’anni e merita gli auguri personali -  fra barzellette, promesse, scandali sessuali, bugie e leggi ad personam.
Non si racconta il berlusconismo insano e cafonal, come nella prima parte, ma l’uomo Silvio reale, molto diverso dall’immaginario e da quello percepito, ritratto nella sua umanità, nei suoi turbamenti e nella malinconica solitudine di uomo carismatico, ma triste. Niente a che vedere con il criminale farabutto, descritto nel Caimano di Moretti.
Tutto è intriso da una sorte di compassionevole ironia.
Le atmosfere e toni, ora, si son fatti tenui e smorzati, quasi crepuscolari.
L’orizzonte è vuoto, anche se assediato dal popolo delle “olgettine”, che i mille Tarantini fanno a gara per portare nell’harem dell’immaginifico sultano, despota fragile e decadente, sulla via della vecchiaia e del declino.
Qui è tutto patetico”, afferma, con ingenua freschezza, Stella, una ragazzina che non cede alle lusinghe del Berlusconi seduttore. “Sono patetiche le feste organizzate da anziani che cercano di sentirsi ancora giovani, che hanno l’alito come quello di mio nonno, né troppo profumato, né troppo maleodorante. Semplicemente “un alito da vecchio”, aggiunge ancora, mentre si allontana col suo trolley.
Ma Silvio, che non si offende mai, perché "conosce il copione della vita”, dice a se stesso, con disincanto: "Abbiamo lo stesso alito perchè forse usiamo lo stesso adesivo per dentiere".

Nel finale di un film surreale, metaforico e più che felliniano, si frantumano sogni, illusioni, speranze e dentiere omaggio, a cui gli italiani - vittime di un’allucinazione collettiva che ancor non ci abbandona - hanno creduto, identificandosi con l’uomo che li aveva evocati. Crollati e ridotti a cumuli di macerie, simboliche e reali, come le case del terremoto dell’Aquila, dalle quali emerge il volto marmoreo di un Cristo sofferente, recuperato da una gru.
 (Alfredo Laurano)



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