“Occorre combattere gli scafisti, non le ONG” - dice sensatamente
il ministro Del Rio, in polemica col ministro di polizia Minniti. “Per salvare
vite in mare serve la nave più vicina”.
Negli ultimi giorni, gli effetti della campagna di colpevolizzazione
delle organizzazioni non governative e di delegittimazione del loro ruolo e
delle loro finalità, in corso da mesi, si sono via via definiti uno
schieramento, detto di estremismo umanitario, utopistico, velleitario e, volendo,
anche un po’ naif.
All’opposto, un fronte trasversale, ispirato dal realismo
politico, tutto concentrato sul calcolo del rapporto costi-benefici e del
prevalente e avverso sentimento popolare.
L’accusa di reato umanitario o d’altruismo, di cui si
macchierebbero le ONG, consiste nel non volere armi sulle navi e nei luoghi del
soccorso, per garantire una vera autonomia e protezione.
Come se ogni laboratorio, tenda o presidio di Medici senza
Frontiere, o di Emergency, accettassero di essere militarizzati.
“Senza trovare quasi resistenza, con la forza inerte
dell’apparente normalità - scrive Marco Revelli - la dimensione dell’inumano è
entrata nel nostro orizzonte, l’ha contaminato e occupato, facendosi logica
politica e linguaggio mediatico. E ha inferto un colpo mortale al nostro senso
morale. Che l’altro sia ridotto a cosa, indifferente, sacrificabile, o
semplicemente ignorabile. Che la vita dell’altro sia destituita di valore
primario e ridotta a oggetto di calcolo”.
La campagna di ostilità mossa contro le ONG, che si arrogano
il diritto di salvare vite umane, e per questo messe sotto accusa da una ragion
di stato, ha trovato la sua dimensione, appunto, nel Codice Minniti, imposto in
violazione delle antiche, tradizionali leggi del mare e della più banale etica
umanitaria, depotenziando pure il ruolo e l’attività della Guardia Costiera a
governare la situazione, nel Mediterraneo. Eppure, le ONG stanno semplicemente
supplendo all'assenza dell'Europa.
È manifesta la volontà, neppure tanto nascosta, di voler fermare
il flusso, costi quel che costi. Di chiudere quei fragili “corridoi umanitari”
che in qualche modo le navi di Medici senza Frontiere e delle altre
organizzazioni tenevano aperti. Di imporre a tutti la logica non della ricerca
e del soccorso, ma del respingimento.
Sarà bene ricordare le parole di Loris De Filippi,
presidente di Medici senza Frontiere: "Ogni giorno migliaia di uomini,
donne e bambini continuano a prendere il mare affidandosi a trafficanti senza
scrupoli. Non lo fanno perché potrebbero esserci delle barche a salvarli al
largo della Libia, ma perché non hanno altra scelta e le politiche europee non
offrono loro alcuna alternativa. Non sono le organizzazioni umanitarie, ma le
politiche europee a favorire i trafficanti".
Soffiando sulla paura, sull’odio e sul razzismo, siamo
dunque arrivati al crimine umanitario, al trionfo dell’indifferenza,
approfittando vergognosamente dell’alibi distraente e giustificatorio del
dramma enorme dell’immigrazione.
Come se condannassimo chi combatte la mafia o il terrorismo,
invece dei mafiosi e degli attentatori.
(Alfredo Laurano)
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