Quattro giorni di festeggiamenti e oltre quaranta eventi in
programma per il 2770mo Natale di Roma: mostre, poesie, spettacoli, concerti e
rievocazioni storiche celebrano la Città Eterna, un ricco calendario, che
prevede anche visite guidate e gratuite ad aree archeologiche e laboratori nei
musei e sul territorio.
Il programma delle feste è iniziato giovedì 20 aprile con la
maratona di lettura dei sonetti del Belli, un omaggio che la città rende al suo
massimo poeta, letti da cittadini romani, italiani e europei, visto che oggi
Belli, dopo Dante, è il poeta italiano più tradotto al mondo.
Ma anche Susy Sergiacomo, al di là delle scelte
istituzionali, ha voluto dare il suo contributo alla festa della città,
mettendo a punto il suo “Roma in scena”, un breve viaggio nella poesia
romanesca da Meo Patacca a Petrolini.
Sul piccolo palco del Teatro Porta Portese, i vari brani,
sonetti e divertissement sono stati letti e interpretati da una spigliata
compagnia amatoriale, composta da alcuni già esperti attori e da qualche
emozionato principiante, alla sua prima apparizione sotto le luci della
ribalta. A tutti, va riconosciuto il merito e l’impegno.
Oltre a Cesare Pascarella (1858-1940), di cui è stata
interpretata una felice sintesi della sua “Scoperta dell’America”, sono stati
recitati con spontaneità e con una certa vivacità alcuni sonetti dei due più
noti poeti romaneschi, nati e vissuti a Roma tra l’Ottocento e il primo
Novecento: Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863) e Trilussa (1871-il 1950),
quasi passandosi la staffetta.
In oltre duemila sonetti in vernacolo, pubblicati postumi,
l’intellettuale e moralista Belli, raccolse la voce del popolo e i colori della
Roma del suo tempo, senza risparmiare ricchi, potenti e prelati, con l’intento
di mettere alla berlina l’ipocrisia di quella società decadente.
La sua satira pungente e popolare - ben rappresentata dalla
mimica e dalle cadenze di Ornella Petrucci, Irma Ricco, Simona Lattes, Giulio
Marotta, Andrea Scaramuzza e di tutti le altre - rifletteva amare
considerazioni sulla vita e sulla condizione umana.
Lo stesso realismo espressivo della parzialmente debuttante
Compagnia, allestita e diretta dalla regista romana, ha caratterizzato anche i
vari brani del popolarissimo Trilussa che amava scrivere anche in italiano e
collaborava con numerose riviste. Nelle sue opere volgeva lo sguardo e il suo linguaggio
netto alle contraddizioni della borghesia, raccontando con umorismo fatti della
cronaca quotidiana. Anche della sua nomina a senatore a vita, avvenuta pochi
giorni prima di lasciare il mondo, disse: “in verità, m’avete fatto senatore a
morte”.
Alcuni passaggi interessanti della rappresentazione sono
stati scambiati dagli attori, disposti in vari angoli della platea, tra un
pubblico sorpreso e interessato.
Per chiudere in bellezza, sullo schermo lo storico e sempre
suggestivo Gastone di Petrolini e il convinto applauso di tutta la sala ai
bravi e volenterosi artisti. Grazie anche da Roma.
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