“La domenica era un bel giorno, su queste montagne - dice una
donna terremotata di Arquata - arrivavano i più giovani che lavorano a Roma o a
Pescara e si trovavano con famiglie e parenti.”
Un caffè al bar, due chiacchiere in paese e poi in tanti a
messa, mentre i campanili della vallata suonavano uno dopo l’altro. Poi, il
pranzo della festa, semplice ma rituale, com’era una volta, per tradizione, in
tutt’Italia.
Era davvero un giorno speciale in quei paesetti puliti e
lindi di poche centinaia di abitanti, dove la vita scorreva lieta, tranquilla e
senza “scosse”, lontani dal clamore delle grandi città.
Anche oggi è domenica, la prima dopo la tragedia, la prima senza
un tetto e sotto le tende. La prima dopo le vere scosse.
Il panorama, tutt’intorno, è cambiato all’improvviso, è incredibile,
desolante e ferisce gli occhi e l’anima di chi guarda: macerie, case
sbriciolate, pezzi di mobili, polvere e detriti.
Il pranzo, nella mensa delle cucine da campo, riunisce tante
famiglie, persone e bambini, nelle nuove case di stoffa blu, ma non ha più il
sapore della festa, ma quello della solidarietà, della generosità, attraverso i
volti e le mani dei soccorritori e dei volontari.
Per molti che si
sono salvati sembra passata una vita: ”domenica scorsa avevo a tavola i
miei figli che abitano a Roma. Per questo, dopo la messa, sono tornata subito a
casa per mettermi a cucinare”, racconta Anna.
Quella notte di mercoledì 24 agosto ha ridisegnato nuovi
confini fra Lazio, Marche e Umbria. Ha avvicinato ancor di più i monti, le
valli e quel poco che resta di Amatrice, Accumuli - dove si è localizzato l’epicentro
del sisma - Arquata e Pescara del Tronto e di altri piccoli centri, devastati
dal terremoto e accomunati nella tragedia. Paesi conosciuti per essere non solo
tra i borghi più belli d'Italia, ma anche per detenere simboli dell'italianità e un ingente patrimonio storico-culturale.
Ha creato una insanabile frattura fra un prima e un dopo,
fra passato e presente, squarciando vite, affetti e sentimenti.
Uno spartiacque tra disperazione e speranza di rinascita.
Per gli abitanti di
queste valli, colpiti nella loro essenza, proprio nella giornata festiva si
rinnova il doloroso confronto con i ricordi.
L’unica cosa che
ancora posseggono.
(Alfredo Laurano)
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