Come a Parigi,
Londra, New York, anche a Roma l’arte non è più solo nei musei e nelle chiese. Resta
la capitale della storia e dell’archeologia, ma è sempre di più
proiettata nel futuro, anche come fulcro dell’arte contemporanea.
Negli ultimi anni,
artisti italiani e internazionali hanno coperto i suoi muri, i ponti e le
facciate delle case, di opere di street
art, grandi e piccole, a colori e in bianco e nero, trasformando quelle che
un tempo erano zone industriali, semi abbandonate o quartieri di periferia, in
veri e propri musei a cielo aperto.
Questa forte crescita ha
portato autorevoli testate internazionali, come il New York Times e il Time, a
definire Roma "la capitale europea
della street art".
Una forma d’arte che non è relegata nelle gallerie, ma fatta per essere
vissuta, per raccontare il passato e il presente dei luoghi che la ospitano.
La rinascita della street art a
Roma è iniziata dai quartieri popolari, come il Quadraro, fino ad estendersi a
quelli centrali come Testaccio e a quelli periferici come San Basilio, Tor
Bella Monaca, Otiense, San Lorenzo, Trullo, Pigneto, Tor Sapienza.
Adesso, Roma conta più di 300 opere in 150 strade della città, al punto che il Comune ha creato una dettagliata mappa
delle relative aree, ridisegnate.
Questi lavori, considerati
fino a non molto tempo fa un fenomeno underground e alternativo alla cultura ufficiale,
si sono trasformati in opere monumentali d'arte pubblica e, da simbolo di
degrado, sono diventati modello di riqualificazione delle periferie.
In questi giorni tranquilli di agosto, ho visitato i murales di Tor
Marancia, che un tempo chiamavano Shanghai.
Era un agglomerato di casupole basse, di una stanza, in cui vivevano
famiglie numerose. A Shanghai, le abitazioni avevano i servizi in comune, i
pavimenti in terra battuta che si allagavano d’inverno, quando il fosso di Tor
Carbone era in piena.
La borgata, le cui prime case furono costruite nel 1933 su una zona
paludosa in piena campagna, vicino alla Garbatella, per i continui allagamenti
e la densità abitativa, si guadagnò il nome della più grande città cinese,
Shanghai, la metropoli del mondo più vulnerabile alle alluvioni.
Nel quartiere, tirato su in cinquanta giorni, furono trasferiti gli
abitanti del centro storico di Roma, quando le loro case furono abbattute dal
regime fascista per costruire via dei Fori Imperiali e anche famiglie di
emigranti che arrivavano dal sud dell’Italia.
Noto per l’alto tasso di criminalità e di spaccio, il quartiere è
considerato difficile: con un alto tasso di abbandono scolastico,
disoccupazione e presenza della criminalità organizzata.
L’eroe della borgata,
tuttavia, fu il calciatore capitano della Roma Agostino Di Bartolomei, nato a Tor Marancia e
cresciuto calcisticamente nel campo della chiesa di quartiere, la san Filippo
Neri, conosciuta come la “chiesoletta”.
La street art nasce come
forma d’arte spontanea, contestuale e il più delle volte gratuita. Si trovava
un posto adatto, spesso in maniera illegale, e si realizzava la propria opera. Ma
negli ultimi anni si è affermato il muralismo, la realizzazione di grandi
murales su commissione, in spazi che non sono scelti dall’artista, ma che gli
sono assegnati. Oggi, tutte queste opere hanno un perché, un titolo, un
significato, una legittimazione.
Oltre al fascino della Roma classica, storica, medioevale,
rinascimentale, barocca; oltre alla città dei papi, degli imperatori e dei
grandi artisti, ora c’è anche un’altra Roma, vivace e contemporanea, quella dei
grandi murales, dei colori, della fantasia, delle allegorie che inaugura una
nuova stagione di partecipazione e fruizione libera e popolare.
Un progetto di realizzazione pittorica che offre una nuova identità a
tante aree urbane degradate, fino a renderle irriconoscibili e suggestive.
Una trasformazione di altissimo valore sociale e culturale, apprezzata dai romani e dai turisti.
Una trasformazione di altissimo valore sociale e culturale, apprezzata dai romani e dai turisti.
(Alfredo Laurano)
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