I nuovi
schiavi-braccianti africani, che a malapena sopravvivono in Italia, spaccandosi
la schiena sotto il sole a raccogliere meloni e pomodori, continuano a morire.
Non sui campi, anche se ciò è già accaduto in qualche caso, ma sulla strada, a
bordo di furgoni fatiscenti, dove, stipati come casse, viaggiano stanchi e
sfiniti per tornare, dopo l’intensa giornata di lavoro o, meglio di
sfruttamento, nei loro tuguri ancor più degradati.
I caporali
stipano i lavoratori nei cassoni come bestie: più ne portano alle aziende e più
guadagnano. I mezzi sovraccarichi – al posto delle ruote di scorta vengono
montate sedie e panchine – si sbilanciano facilmente.
Il sistema è
noto a forze di polizia e autorità politiche, ma mancano i controlli sulle
strade e nelle campagne. E la legge è disapplicata.
Altre dodici
persone, tutte migranti, hanno perso ieri la vita a causa di un altro
incidente, avvenuto ancora nel Foggiano. Nella zona, nemmeno tre giorni fa,
sono morti altri quattro giovani braccianti stranieri, nei pressi di
Castelluccio dei Sauri.
Il furgone,
probabilmente a causa di un colpo di sonno o di un malore del conducente, ha
improvvisamente invaso la corsia opposta di marcia e si è scontrato
frontalmente con un autoarticolato, carico di farinacei, che viaggiava in
direzione opposta. all'altezza dello svincolo per Ripalta, nei pressi di
Lesina.
I passeggeri
erano sempre extracomunitari e non avevano con sé documenti di riconoscimento.
La strage,
quindi, continua, stavolta senza il rosso dei pomodori, ma con altri prodotti
agricoli, mischiati al sangue delle vittime.
Senza identità
e dignità in vita, anonimi e sconosciuti al mondo, anche nella morte.
7 agosto 2018
(Alfredo Laurano)
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