Improbabili politici di razza o di mestiere,
improvvisati o riesumati, sedicenti opinionisti fai da te, presunti vip di
ruolo o di vetrina, professionisti del gossip, clienti abituali di talk e
salottini televisivi ci vogliono convincere che non siamo un Paese razzista,
fascista, xenofobo e intollerante. Che siamo più buonisti che cattivisti, che
non discriminiamo, non respingiamo e che accogliamo, secondo la consolidata carità
cristiana e la ineluttabile, dominante tradizione cattolica.
E, magari, è anche vero, dal punto di vista
dei numeri, delle statistiche, delle proporzioni, considerando vecchi, bambini,
webeti e poppanti.
Per semplificare, diciamo, generalizzando con
impropria approssimazione, che siamo un popolo, prevalentemente, di moderati
che guardano a destra, con qualche rigurgito di troppo e con punte acute di
malcelata nostalgia. Come i democristiani di una volta, colpiti al loro
interno, da contraddizioni, correnti varie e contrastanti.
Fatto sta che, in terra italica, gli episodi
di violenza e intolleranza si vanno via via moltiplicando: aggressioni
quotidiane, inseguimenti folli, fucilate ai piccioni o ai bambini Rom, lanci di
uova, ronde giustizialiste, prove tecniche di sparo e tiro a segno contro i
diversi e di altro colore scuro. Tutto in nome della libertà, in difesa della
propria identità, dei propri valori cristiani e moraleggianti.
Sei mesi fa, a Macerata, l’incredibile raid
del giustiziere del giorno Traini, che sparava contro tutti i neri che incrociava
lungo la sua strada, come ritorsione personale per l’orribile morte della giovane
romana Pamela Mastropietro, sezionata come in un macello.
Il forte shock della comunità ha fatto, però,
il paio con il consenso paradossalmente ricevuto dal giustiziere che, anche a
livello nazionale, ha trovato “molta più
gente intorno e vicina di quella che pensava di avere”, spiega il suo
legale.
Ma anche i troppi fatti che hanno preceduto e
seguito la macabra giostra maceratese vanno nella stessa direzione e ottengono
gli stessi effetti socialmente pruriginosi.
Reclusione e multe per chi - singoli, organizzazioni,
associazioni, movimenti o gruppi - abbia come scopo l'incitamento alla violenza
per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; per chi propaganda idee
fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a
commettere o commette atti di discriminazione, violenza, provocazione.
Questi i passaggi fondamentali della legge Mancino, del 1993, che condanna,
in particolare, anche gesti, azioni e slogan legati all'ideologia nazifascista
e punisce l'utilizzo di simbologie legate a suddetti movimenti politici.
Questo è il principale strumento legislativo
che l'ordinamento italiano, ad oggi, offre per la repressione dei crimini
d'odio e che l’integralista ministro leghista Fontana - quello che poche
settimane fa ce l’aveva con le famiglie gay - ha ipotizzato di voler abrogare, sostenendo
che si tratta di una legge "liberticida" e incostituzionale, in
quanto in contrasto con l'art. 21 della Costituzione, che garantisce la libertà
di manifestazione del pensiero:
“i fatti
degli ultimi giorni rendono sempre più chiaro come il razzismo sia diventato l’arma ideologica dei globalisti e dei suoi
schiavi (alcuni giornalisti e commentatori mainstream, certi partiti) per
puntare il dito contro il popolo italiano. Abroghiamo quindi la legge Mancino,
che in questi anni strani si è trasformata in una sponda normativa usata per
ammantare di antifascismo il loro razzismo anti-italiano”.
Cioè, l’accusa di razzismo sarebbe usata per far
sentire la maggioranza dei cittadini in colpa per l’intollerabile lontananza
dalla retorica del pensiero unico, sottile e pericolosa arma ideologica,
studiata per orientare le opinioni.
Se c’è quindi un razzismo, oggi, per l’ineffabile
ministro della Famiglia, è in primis quello utilizzato contro gli italiani che,
consapevoli e coscienti della propria identità e della propria storia, farebbero
paura, perché non strumentalizzabili. Ma, aggiungerei, pronti a
salvinizzarsi.
In verità, se c’è qualcosa che dev’essere
abrogata, è proprio quella Fontana che zampilla odio e sparge acqua avvelenata.
(Alfredo Laurano)
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