Fa veramente
impressione quella strada assassina, attraversata e coperta da un esteso fiume
di pomodori; quella immagine quasi surreale che il caso ha cinicamente
apparecchiato per gli spettatori e i soccorritori, che va oltre ogni allegoria
dantesca, dove l’intensità del rosso si trasforma in lago di sangue.
Sangue rosso di
gente nera, di ragazzi giovanissimi che, rubandoci il lavoro, due soldi di
speranza e i diritti dimenticati, anche dai samaritani, su quell’incrocio hanno
lasciato la vita e la voglia di futuro.
Dopo una
giornata nei campi, a spaccarsi la schiena, hanno così trovato crudelmente la
morte e la liberazione.
Quattro persone
sono rimaste uccise e altre cinque ferite nello scontro frontale tra un
furgone chiuso, con a bordo otto extracomunitari - arruolati da inflessibili caporali
e stipati nell’angusto spazio - che tornavano dalla fatica quotidiana ed un tir
carico di altri pomodori, che altri schiavi avevano raccolto e caricato.
Due delle vittime sono ragazzi appena ventenni provenienti dal Gambia e dalla Guinea Bissau. Altri, senza documenti, devono ancora essere identificarti.
Due delle vittime sono ragazzi appena ventenni provenienti dal Gambia e dalla Guinea Bissau. Altri, senza documenti, devono ancora essere identificarti.
Una
persecuzione, una fatalità, un destino beffardo, in nome e in lode del prezioso
frutto cantato da Neruda - “La strada si
riempì di pomodori, mezzogiorno, estate, la luce si divide in due metà di un
pomodoro, scorre per le strade il succo…” - e che tutti amiamo, lodiamo e
consumiamo a volontà.
È stato un
impatto devastante, un tragico incidente avvenuto sulla strada tra Ascoli
Satriano e Castelluccio dei Sauri, nel Foggiano.
Come in un
dipinto di Guttuso o di Picasso, drammatico e paradossale: un groviglio di
lamiere, tonnellate di pomodori sull’asfalto, a circondare corpi senza vita. (Alfredo Laurano)
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