Torino
e Chapecoense, due squadre accomunate da un tragico passato e da analogo destino,
hanno dato luogo ieri a un incontro di calcio estivo, di alto profilo morale e
sociale. Sul campo ha vinto il Toro, una vittoria di prestigio in una partita del
cuore, poco significativa per il clima in generale poco “agonistico” e molto
amichevole. Ma hanno vinto, soprattutto, le persone, i sentimenti, la
partecipazione collettiva e le emozioni che solo lo sport sa regalare a piene
mani.
Il
ricavato della partita sarà destinato ai familiari delle vittime della tragedia
aerea che colpì la società brasiliana, mentre era in volo per Medellin, sede
della finale d'andata della Copa Sudamericana.
Era
il 28 novembre 2016 quando la squadra brasiliana venne coinvolta e annientata
nel disastro aereo nei pressi della città colombiana, 71 i morti, 5 i sopravvissuti.
Il dolore crebbe e dilagò, fra lo stupore di tutto il mondo, soprattutto,
quando si scoprì un’atroce, incredibile verità: a determinare lo schianto
dell’aereo della compagnia ‘La Mia Airlines’ fu la carenza di carburante.
Da
quel giorno, grande solidarietà alla Chapecoense da tutto il pianeta Calcio, Torino
compreso, già segnato dalla tragedia di Superga di sessantanove anni fa, nella
quale perirono trentuno persone fra atleti, dirigenti, giornalisti, forse
a causa del maltempo o di un guasto all’altimetro. L'aereo che riportava la
squadra del Toro da Lisbona si schiantò contro la Basilica di Superga, avvolta
in una fitta nebbia. Erano le 17,05 del 4 maggio 1949.
Così
finì il grande Torino, il Torino dei Bacigalupo, degli Ossola, dei Rigamonti,
dei Gabetto, dei Loik e dei Mazzola, solo per ricordarne alcuni.
Prima
dell’inizio del match di ieri sera, una delegazione del Torino e una della
Chapecoense - fra cui l’ex portiere sopravvissuto all’incidente aereo, nel
quale perse una gamba - sono andate a visitare il Museo del Grande Torino e
della indimenticabile leggenda granata. (Alfredo Laurano)
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