Quel camion verde con la
cabina azzurra, sospeso, inchiodato a cinque metri dal baratro, resterà forse
l’immagine simbolo della tragedia genovese di ieri.
E penso a quel suo autista
che, di colpo, si è visto mancare la strada davanti a sé, l’ha vista
precipitare nel vuoto insieme alla vettura che lo precedeva e a quelle tante
altre, con persone a bordo, che in quel momento percorrevano il maledetto ponte
detto “di Brooklyn”.
Un ponte lungo un chilometro
che, a ridosso di case ed edifici, sovrastava con i suoi piloni obliqui di
cemento, fabbriche, ferrovia e torrente.
È venuto giù in un istante, all'improvviso, nella sua campata centrale.
Sparito come per gioco, come
nelle illusioni spettacolari del mago Copperfield
- quello che avvolge persone, macchine, locomotive e carri armati in un grande
drappo nero e li sottrae, con un soffio magico, alla vista di stupefatti
spettatori - con la non sottile differenza che, in questo caso, non trattandosi
di show, di varietà, di esibizione artistica, sono rimaste tonnellate di
macerie a seppellire corpi e mezzi.
Non c’è trucco e non c’è
inganno: è incredibilmente crollato come quel castello di carte che facevamo da
bambini, con profonda delusione, anche se del tutto prevedibile.
Secondo le prime chiacchiere,
pareri e dichiarazioni - cui seguiranno, inevitabilmente, inchieste, studi, commissioni
varie e, forse, indagati e responsabili per soddisfare la sconvolta pubblica
opinione, il ponte Morandi non ha retto, dopo cinquant’anni, al forte traffico,
alle intemperie, alle vibrazioni continue e quotidiane.
Non si capisce, tuttavia, da profani,
come mai acquedotti e costruzioni romane di duemila anni ancora resistano e
stiano in piedi, nonostante i terremoti e senza l’uso di cemento armato, del
tutto, sconosciuto. Ma allora c’erano solo bighe, cavalli e qualche carro,
osserverà qualcuno.
Quanti sono i viadotti che
corrono altissimi tra i monti, dall’Abruzzo alla Campania, dalla Calabria, al
Trentino, dalla A3 e alla E 45?
Quanti ponti, gallerie e
strutture analoghe sono recentemente crollati su strade e autostrade?
È solo colpa del traffico
pesante, degli effetti sismatici, del fato traverso o del malocchio?
Fatto sta che Brooklyn, la gomma del ponte
della vecchia pubblicità, si è trasformata ieri nel ponte di gomma, o meglio di
cartone, sotto il quale sono rimaste seppellite decine di morti e di feriti.
(Alfredo Laurano)
(Alfredo Laurano)
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