Dobbiamo votare. Perché è comunque giusto farlo, perché è un dovere, oltre ad essere un diritto, conquistato col sangue e col dolore da chi si è sacrificato, prima di noi.
Anche se abbiamo una certa nausea, anche se certa politica ci fa schifo, anche se l'ipocrita Renzi si riprende - tutto e subito, ai danni di molti italiani cornuti e mazziati - gli ottanta euro, grazie ai quali aveva vinto le Europee, due anni fa.
Dobbiamo farlo, anche se fanno di tutto per disaffezionarci, anche se può sembrare inutile. E sono d'accordo con Celeste Ingrao, figlia dell' indimenticato Pietro.
Un voto inutile. Un voto sprecato.
Questo sarebbe, secondo alcuni, il voto che darò oggi 5 giugno. Perché “utile” e “giusto” è solo il voto che si dà a un possibile vincente e Fassina non è dato vincente.
Perché vincere - non importa per cosa e con chi - è ormai la sola cosa che conta. Così come “fare” - non importa se bene o male o anche malissimo - è la sola cosa che vale.
Non è la mia idea del mondo e della politica. Nella mia idea della politica contano gli obiettivi e i percorsi. Conta non rassegnarsi all'esistente e provare invece a immaginare, progettare e costruire una realtà diversa.
Anch'io ho dato tanti voti “utili”, sempre a sinistra, nella mia vita di elettore (e una volta pure candidato nel PRC). Ma, in effetti, non so quanto veramente lo siano stati.
Stavolta, tuttavia, credo sia giusto permettere alla Sinistra romana - più un progetto che una solida realtà (direbbe Roberto Carlino) di essere presente nel consiglio comunale e di far sentire la sua voce in una città degradata e umiliata, incattivita e carica di problemi e di ingiustizie.
Una città che avrebbe bisogno di idee nuove e pulizia, capace di rappresentare la domanda di cambiamento e di onestà, dopo la vergognosa cacciata del marziano Marino, che pur ci aveva provato.
Un voto contro la corruzione, la "suburra" e le mafie più o meno locali e capitali, capace di promuovere la solidarietà e l’accoglienza, la libertà e la salvaguardia delle donne, dei bambini e degli anziani, i diritti alla casa e di chi lavora, il rispetto per l’ambiente, la difesa dei beni comuni in una città devastata dal traffico, dalla violenza e dalla "monnezza", dove è sempre più difficile vivere e lavorare.
Per un programma, e non un possibile "immobil dream" (sempre come quello di prima, di Carlino) che porti finalmente avanti una idea diversa: quella di una città a misura di chi ci vive e non dei palazzinari, del cemento e della speculazione commerciale.
Una città non fondata sull'abuso e sull'approssimazione, ma sulla cura delle persone, della sua storia secolare, della memoria e della sua soffocata bellezza.
E, poi, un voto non è mai inutile, come non lo è la libertà di scegliere e di contare.
Ora vado perché il seggio m'attende.
(Alfredo Laurano)
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