E sono tre.
Cadono come foglie, sotto un sole
terrificante, per meno di 5 euro all’ora.
Del terzo bracciante morto nelle campagne
pugliesi non è stato reso pubblico nemmeno il nome. Di lui si sa che aveva 52
anni ed era nato in Tunisia. Lascia quattro figlie e una moglie italiana: una
famiglia ben integrata, felice, nonostante le fatiche e le ristrettezze
economiche.
Dopo i due precedenti morti al lavoro nei
campi, nel forno dei 40 gradi all'ombra di questa estate, ancora una volta in
Puglia, a Polignano, un terzo bracciante è stato stroncato dalla fatica, mentre
lavorava in condizioni proibitive.
Si è
accasciato intorno alle 13, dopo una giornata di lavoro iniziata alle 5 di
mattina, caricando per otto ore consecutive cassette di uva. Un'altra
bracciante, che lo aveva visto allontanarsi dal campo, seguendolo con lo
sguardo, lo ha visto cadere e ha lanciato l'allarme chiamando direttamente i
carabinieri che, arrivati insieme a un'ambulanza, hanno potuto soltanto
constatarne la morte.
Pochi giorni fa, a Nardò e ad Andria, avevano
perso la vita Mohamed, un migrante sudanese e Paola, una madre pugliese di tre
figli - che si alzava alle 2 di notte a San Giorgio Jonico, arrivava sui campi
di Andria alle 5 e rientrava nel primo pomeriggio a casa, dopo circa cinque ore
di viaggio fra andata e ritorno - anch’essi morti di caldo e di fatica, senza
adeguate pause di riposo o acqua a sufficienza.
Istituzioni
e sindacati che dovrebbero vigilare sul lavoro stagionale in agricoltura, in
una regione purtroppo famosa per il caporalato e per la mancanza di controlli,
si affrettano a mostrare cordoglio e a fare promesse che dureranno lo spazio di
una dichiarazione.
7
agosto 2015 (Alfredo Laurano)
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