Non solo, e non più, luogo di risse, di razzismo, di insulti
e di offese d’ogni tipo e grado.
Non solo vetrina di esibizionismo e megalomania per narcisi
da tastiera.
Non solo sfogatoio di complessi, tabù, ossessioni e
paranoie.
Non solo ostentazione incontrollata di furore, rabbia,
cattiveria e aggressività verbale.
I social network ormai segnano - nel
bene e nel male, per giovanissimi e maturi, per ignoranti ed eruditi, per
barbari o emancipati - la vita più virtuale, che reale di ciascuno. Spesso si sovrappongono i rispettivi piani e il confine si
fa labile ed evanescente: è sempre più difficile distinguere la verità dalla
finzione.
Se ancora avevamo qualche residuo dubbio, quanto accaduto
ieri a Moneta,
nella Bedford County in Virginia, è la prova più eclatante che mancava: un
afro-americano di 41 anni ha filmato in soggettiva l’attimo in cui ha sparato
con la pistola e ucciso - in diretta TV - la reporter di 24 anni Alison Parker e il suo cameraman
di 27, Adam Ward, durante
un’intervista live.
Poi, come fosse un normale video musicale, una ripresa
amatoriale di famiglia o una divertente clip di bambini, papere e gattini, ha
postato l’omicidio e invitato i suoi follower ad ammirarlo: "Ho
filmato la sparatoria, andate a vedere su Facebook", aveva scritto sul suo
profilo”.
Ma non era un gioco, non era un videogame della PlayStation: era un duplice omicidio vero che sembrava la scena di una fiction: stop, la rifacciamo meglio, ognuno al proprio posto, ciak in campo.
Ma non era un gioco, non era un videogame della PlayStation: era un duplice omicidio vero che sembrava la scena di una fiction: stop, la rifacciamo meglio, ognuno al proprio posto, ciak in campo.
Crimine e violenza nel bello della diretta: possiamo dire
che l’uso e l’abuso di mouse e di tastiera, di smartphone, tablet e di milioni
di post e messaggini alla grande nazione dei popoli del web uniti, condiziona,
favorisce o, in qualche caso, ispira le menti più fragili o malate? O le forme,
anche latenti, di mitomanie inconfessate - anche a se stessi - quale
moltiplicatore di piaceri perversi e inappaganti soddisfazioni?
Aberrazioni, depravazioni e trasgressioni si rinnovano, si
trasformano e si adeguano ai tempi, ai modi, alle occasioni scellerate che la
realtà virtuale offre a dismisura e senza fine.
Nel gratuito show dell’egotismo o nella passerella pubblica
della propria individualità esasperata, una smisurata voglia di protagonismo,
unita a un ingiustificato surplus di autostima, si trasforma in gesto criminale
che, insaporito con una specie di nocivo glutammato della ragione, esalta il
gusto dell’onnipotenza e della virilità. Un’azione assurda che accentua e
celebra una probabile forma di infantilsmo, mai superato da una normale
crescita mentale.
Non bastassero stragi e terrorismo, distruzioni di siti
culturali, decapitazioni quotidiane e assalti a scuole, redazioni, musei,
hotel, treni e centri commerciali, il nostro pane quotidiano dell’informazione
si arricchisce tragicamente di un nuovo simbolo dell’orrore: l’assassinio in
diretta TV di un pistolero-suicida del web, amplificato, discusso e giudicato
sui blog, su pagine e profili.
Mentre spara si filma, in un’ estasi narcisistica, senza
precedenti, a vantaggio e beneficio della vetrina internazionale della superbia
e della megalomania.
E’ l’altra faccia malata, deviata e maniacale di una
ripugnante comunicazione.
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