Finalmente la decisione è presa. Pippo Civati
lascerà il gruppo Pd, divenuto ormai il Partito della Nazione.
Un rompicoglioni in meno, penserà padron
Renzi, come lo sono già stati Pastorino, candidato a Genova, e Cofferati, da poco usciti.
A chi
lo attacca, sostenendo che vuole cancellare e disconoscere il suo passato senza
neanche dare una motivazione vera, accusandolo, anzi, di aver condiviso quelle
stesse idee e proposte del suo segretario-premier, qualcuno dovrebbe fargli
osservare: non me lo ricordo proprio Civati che proponeva di abolire l'articolo
18. Un Civati che stringeva un patto di legislatura, a oltranza, con la
Destra;
- che proponeva una legge elettorale con un
premio di ballottaggio esagerato, ad una minoranza;
- che voleva cambiare la legge elettorale e
la costituzione, stringendo prima un patto con Berlusconi e poi a botte di
maggioranza e di fiducie;
- che insultava
il sindacato che insultava "i professoroni
- che
insultava "la Sinistra";
- che
abbia mai detto a nessuno di stare sereno per poi farlo fuori il giorno
dopo.
Non ricordo un Civati dire: "con Marchionne tutte la vita" e andare a cena ad Arcore.
Non ricordo un Civati dire: "con Marchionne tutte la vita" e andare a cena ad Arcore.
Vorrei anche sottolineare che il buon Pippo,
a differenza di tanti transfughi approdati di recente nel suo ex partito, non
lascia per salire sul carro dei vincitori, ma al contrario, esce, con un po'
più di dignità in mare aperto, quando ragioni di opportunismo e tornaconto
personale gli consiglierebbero di continuare a "galleggiare" in porto
e fare pippa.
Come fanno tanti.
7
maggio 2015 (Alfredo
Laurano)
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