Un tempo erano scarpe, prima la destra, poi la
sinistra (dopo l’apertura delle urne), ma anche banconote tagliate a metà, pacchi
di pasta, scatolame e sacchi di patate.
Oggi il voto di scambio su realizza su basi
ben più consistenti: appalti, promesse di finanziamenti pubblici, di poltrone, permessi
edilizi.
A pagare il singolo elettore, poi, ci pensano
mafia e camorra a 50 euro a voto, ma solo dopo averne portato la prova
inconfutabile: la fotografia scattata con il telefonino, per dimostrare di aver
barrato la casella giusta.
Anche l’assessora veneta di Forza Italia,
Elena Donazzan, distribuisce in questi giorni pacchi di pasta con la sua bella
immagine, per fare campagna elettorale.
La signora evidentemente non sa, o non le hanno
detto, che questa pratica era già in vigore negli anni ’50 e il suo inventore
fu Achille Lauro, armatore napoletano di successo, prima monarchico, poi
democristiano. “O comandante”, come era chiamato da tutti, era solito mandare i
suoi galoppini a consegnare pacchi di spaghetti e maccheroni - quelli avvolti
nella carta azzurra - a potenziali elettori. Gli italiani amano la pasta,
allora, come oggi e come sempre.
Il neo-Laurismo è quindi tornato con il suo
mondo, popolare e demodé, legato alla compravendita delle coscienze dei
pezzenti, che, in cambio di denaro, buoni benzina, favori, piaceri e bucatini, sono
pronti a votare un politico o un partito, come normale prassi sociale ed
elettorale.
Ma Lauro aveva almeno il consenso popolare
dettato dalla fame e dalla miseria!
Oggi, in tempi di altre crisi economiche, ma,
soprattutto di idee e di valori, qualcuno tenta in vari modi di emulare quelle gesta,
senza pudore e senza decenza, umiliando la dignità dei cittadini più esposti e bisognosi
che, prima di essere elettori, sono persone.
Cara assessora, la politica è altra cosa.
Mezzo chilo di penne o rigatoni riempie la
pancia, ma svuota la coscienza.
27 maggio 2015 (Alfredo Laurano)
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