Il
servizio mandato in onda giovedì a Anno Uno è a dir poco sconvolgente, anche se
non è il primo che vediamo. In rete ci sono tantissimi filmati sul medesimo
argomento che suscitano lo stesso sdegno, la stessa repulsione.
L’inchiesta giornalistica condotta,
furtivamente, ma con coraggio da Giulia Innocenzi, svela l’orrore e le torture
di molti allevamenti intensivi in tutta Italia, dove migliaia di
maiali sono costretti in veri lager, in condizioni tremende e assurde, a
mangiare nei propri escrementi, mutilati alla nascita.
Non hanno spazio, non si possono mai girare,
né sdraiare, né muoversi. Si accavallano e sopravvivono a stento tra altri
animali, già morti o malati.
Alcune bestie, distinte con un semplice segno
in questa ignobile stalla dello schifo e dell’obbrobrio, diventeranno il
pregiato prosciutto di Parma.
Scandalose anche le strutture dei capannoni
fatiscenti, orribilmente sporche, piene di topi e scarafaggi che passeggiano a
vista, con impianti elettrici improvvisati, pericolosi e mai revisionati. In
terra, dappertutto, fiumi di liquami e odori nauseabondi. Non c’è aria, non c’è
luce naturale.
Pare che oltre il 40% degli allevamenti di
suini nel nostro Paese sia irregolare.
Una detenzione del genere reca sofferenze
agli animali e dà luogo a continue patologie fisiche, contrastate con un
massiccio uso di farmaci, che ha come effetto collaterale lo sviluppo di
microrganismi resistenti e il conseguente, intenso ricorso ai trattamenti
antibiotici. Che poi finiscono sulle nostre tavole, insieme agli ormoni
somministrati.
I controlli sono troppo pochi o inesistenti e
quasi sempre gli allevatori ricevono solo dei richiami e non vere e proprie sanzioni.
Secondo gli esperti, l’unica vera soluzione potrebbe
venire da una task force del ministero della Salute che, potenziata e sostenuta,
potrebbe essere lo strumento necessario per avere più ispezioni, denunce e sanzioni
più efficaci e dare supporto ai veterinari.
Alla luce di questo scandaloso trattamento
degli animali-cibo, dobbiamo pretendere un minimo di dignità per le bestie e di
rispetto per la salute umana.
E’ un problema di civiltà, di alimentazione e
di sanità pubblica che non si può più ignorare.
Un efficace segnale da parte della
popolazione sarebbe quello di ridurre drasticamente o abolire il consumo di
carne, prima che diventi ulteriormente nocivo, anche dal punto di vista
ambientale (consumo di acqua ed energia, desertificazione, smaltimento delle
deiezioni animali e dello scarto, emissioni di gas e ripercussioni sul clima).
Gli animali sono esseri senzienti, capaci di
provare sensazioni, emozioni, sentimenti, come ben sappiamo di un cane o di un
gatto. Ma una mucca non è molto diversa, da questo punto di vista. Né un
maiale: sono esseri intelligenti, affettuosi e curiosi.
Invece,
vengono trattati come cose, come macchine da soldi, affinché il loro allevamento,
la macellazione e la distribuzione risultino economicamente compatibili con i
livelli richiesti dal mercato: i prezzi di carne, latte e uova devono essere
accessibili per il maggior numero possibile di consumatori. Quindi zootecnia
chimica e intensiva e basse spese per massimizzare i profitti.
Per chiudere, una riflessione psicologica.
I macelli sono sempre nascosti alla vista del
pubblico: per potersi nutrire di animali, le persone devono allontanare il
pensiero della loro uccisione, oltre che della loro “manutenzione”. Bisogna
poter separare l'immagine dell'animale vivo, nei prati e nella fattoria - che
oggi ormai non esiste quasi più (forse, l’uno per cento) - e la sua carne da tagliare a bocconcini e
infilzare con la forchetta.
Se ciascuno dovesse ammazzare da sé gli
animali che mangia, sicuramente molti di loro non finirebbero nel piatto.
Tra vent’anni, ci saranno 11 miliardi di
persone e quattro di animali da alimentare.
Questi temi, comunque la pensiamo, dovrebbero
far prepotentemente parte di ogni progetto di educazione alimentare e della
discussione centrale e prioritaria sulla produzione di carne e di allevamenti
di Expo 2015 che si propone di nutrire il pianeta.
Ma come, a che prezzo e con quali conseguenze?
Violentando o rispettando la natura?
25 maggio 2015 (Alfredo Laurano)
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