Centocinquanta ristoranti, bar,
corner food, chioschi e furgoncini Street food. È Expo, il più grande
ristorante del mondo.
Un toast al prosciutto cotto?
Cinque euro. Un panino con le acciughe? Sei euro.
Per un piatto di trofie al pesto
si spendono 12 euro, un fritto misto 14 e il risotto cacio e pepe alla lombarda
13. Per degustare il prosciutto iberico seduti si pagano 35 euro, 12 per una
tortilla (tre fettine) di patate 12. Una paella, invece, costa 16 euro.
La churrascaria brasiliana (carne alla griglia) è in offerta promozionale da 55 a 45 euro, magari con una costelinha de puerco in meno).
Prezzi stellari anche per bevande e acqua minerale. I distributori di acqua potabile, gratuita non funzionano o non si trovano.
La churrascaria brasiliana (carne alla griglia) è in offerta promozionale da 55 a 45 euro, magari con una costelinha de puerco in meno).
Prezzi stellari anche per bevande e acqua minerale. I distributori di acqua potabile, gratuita non funzionano o non si trovano.
Famiglie con bambini al seguito, provenienti da tutto il
mondo, vorrebbero provare piatti che arrivano da ogni angolo del pianeta e,
soprattutto, le eccellenze italiane, senza chiedere mutui o finanziamenti.
E così, quella che dovrebbe essere l’occasione per far
conoscere specialità tradizionali, rischia di diventare l’ennesima trappola per
turisti, il solito business all’italiana.
Nutrire il Pianeta è lo slogan di
Expo 2015. Ma non proprio a prezzi popolari.
Per nutrire i visitatori, che già
hanno ben pagato l’ingresso, occorre un ricco portafoglio.
Anche per un caffè si arriva a 1
euro e 50. E se c’è una (carissima) macchiolina di latte: 2 euro e crepi
l’avarizia.
E alla fine, tutti (o molti)
andranno a nutrirsi da Mc Donald e i bambini e le multinazionali son contenti.
7 maggio 2015 (Alfredo Laurano)
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