E’
difficile crederlo, ma Gucci vende scarpe da ginnastica “già sporche” a
ben 690 euro.
La
casa italiana ha messo in commercio una linea di calzature trattate per avere
un design vintage e particolarmente sporco e consumato.
Nello
strano, variegatissimo e incomprensibile pianeta delle mode e del conformismo
acritico, pare, faccia tendenza. L’analisi del marketing l’avrà sicuramente
verificato e garantito, studiando trend, bisogni dei consumatori, strategie e
innovazione.
Il
target è ovviamente giovanile, sempre connesso e alla ricerca di stimoli e
contenuti leggeri da condividere con gli altri. Quindi, qualunque forma di
comunicazione, non solo pubblicitaria, dovrà attirare l’attenzione di questi
potenziali acquirenti e, soprattutto, tener
conto delle loro particolarità, della piattezza dei loro “valori” rituali di
riferimento, delle loro abitudini e gusti dominanti, delle nuove tendenze e
delle rigide dinamiche del web, per trasformare utenti e consumatori di giovane
età in clienti reali.
E
allora, scarpe zozze a tutto spiano.
Come
fossero usate o come quelle trovate in un cassonetto o su un banco di via
Sannio. Come i jeans strappati, vecchi, bucati, consumati e vissuti prima di
uscire dalle fabbriche e acquistati come nuovi. Un grande business del finto
riciclo, dell’auspicabile, ma ingannevole riuso, a prezzi incredibili da
gioielleria.
Non
è proprio e di certo una fase di romanticismo d’antan.
E’ come prendersi per il
culo da soli, consapevolmente, in un assurda forma di autolesionismo
psico-modaiolo-finanziario.
Ma
che senso ha questa mania minimal, riduttiva e collettiva, questa depressione
estetica che distingue, fa fico e fa mercato?
Il
vintage da tempo raccoglie successo e sorprendenti consensi nella musica,
nell'arredamento, nell’oggettistica e nel collezionismo, nell'abbigliamento d’epoca,
nell’antiquariato-modernariato e nel retrò in genere, ma appassionarsi a un
paio di stupide scarpe di gomma, per giunta sporche e a prezzi stellari, è
veramente da disturbati.
Una
scadente e ottusa parodia del gusto e dell’intelligenza.
14 febbraio 2019 (Alfredo Laurano)
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