In
molti lo pensavamo, in molti lo temevamo. Ma speravamo tutti in un botta di
giustizia.
L’avvocato
Messina, uno dei difensori della famiglia Ciontoli, a fine udienza, aveva così
concluso il suo intervento: “cinque
incensurati e smarriti in quel momento. Non contemplabile che volessero la
morte di Marco. Vi affidiamo il futuro degli imputati”.
E
la Corte ha recepito e scelto la clemenza.
Sempre
stamattina, in aula, prima che venisse pronunciata questa timidissima sentenza,
gli avvocati di parte civile Gnazi e Coppi avevano replicato all’arringa della
difesa della precedente udienza, spiegando che si può praticamente parlare di
omicidio volontario, con dolo eventuale. Antonio Ciontoli, dopo lo sparo, si
sarebbe assunto il rischio delle sue azioni non allertando subito i soccorsi.
Anche
per gli altri familiari si può parlare di concorso con la stessa imputazione,
perché, dopo essersi resi conto di quanto stava accadendo, non hanno fatto
nulla per far soccorrere Marco. Non hanno poi detto niente agli infermieri e, invece
di agire, si sono adeguati al capofamiglia, aderendo alla sua scelta.
Per
la difesa non sarebbe affatto così. “Non
c’è un elemento che dimostri che i presenti avessero consapevolezza di quanto
successo”, per l’avvocato Miroli.
Ma
allora, Ciontoli doveva rispondere di omicidio colposo o dolo eventuale?
La
tesi principale della difesa sosteneva che l’evento è riconducibile alla
volontà del soggetto agente, perché il dolo è innanzitutto volontà. Quindi
anche il fatto di accettare le conseguenze del proprio agire. Se però accetta
quello che non vuole che accada è dolo eventuale.
Nella
sentenza, quindi, mi par di capire, non è stato riconosciuto il dolo e le
aggravanti, ma le circostanze attenuanti generiche. Vedremo le motivazioni.
Secondo
l’avvocato Gnazi - che, in apertura aveva parlato di ricostruzione irreale,
basata sulle dichiarazioni degli imputati che hanno taciuto la verità, che
hanno mentito in continuazione e costruito con il silenzio e sulle loro
menzogne un’inaccettabile tesi difensiva, mentre Marco emetteva urla disumane -
l'aver riconosciuto Ciontoli colpevole di omicidio volontario, al di là
dell'aspetto emotivo, è comunque una scelta coraggiosa da parte della Corte
d'Assise, che gli ha inflitto 14 anni, 3 anni invece ai familiari, con Viola
assolta, riducendo di molto le richieste del PM.
“Non è stata una battaglia facile, si è
riaffermata però la volontarietà e l'impianto accusatorio, anche se ci possiamo
lamentare della quantificazione della pena e del riconoscimento delle attenuanti”.
Dopo
questo mite verdetto, cosa rimane della tragedia di Marco Vannini?
Intanto,
il suo ricordo, il suo sorriso, i suoi capelli biondi e quegli occhi buoni da
bravissimo e semplice ragazzo.
Poi,
quello dei tanti momenti d’infanzia, di crescita e di vita, condivisi con i
suoi genitori, i cugini, i parenti e gli amici, nella sua breve esistenza.
Rimane,
pure e soprattutto, quel crudele tarlo che corrode l’anima, che non dà pace e
mai la darà, per la perdita immotivata, assurda e incredibile di un figlio di
vent’anni, ucciso da un gioco mortale, macabro e insensato.
Rimane
un dolore immenso e il pianto disperato di una mamma, l’amore di tutta la sua
famiglia, il conforto di 36mila amici e sostenitori e di milioni di italiani,
turbati e delusi da una sentenza che ha un sapore di ingiustizia e avvilisce la
speranza nella legge.
Rimangono
anche una bella targa di marmo, sotto un albero in un fiorito giardinetto a lui
dedicato e le struggenti parole di papà Valerio, che trafiggono l’anima: “quando vado in moto - passione che con
Marco condividevo - e, perciò lo faccio spesso, l’ho sento vicino, come fosse
con me, nel mio casco, che ci isola dal mondo. Ci parlo, lo accarezzo, scambio
con lui i pensieri e le emozioni, fino a quando mi fermo, mi tolgo il casco e
tutto purtroppo svanisce”.
Come
la speranza di una giustizia giusta.
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