Quando penso che
le mie figlie hanno oltre quarant’anni, che sono due belle donne, mature e
intelligenti, capaci, libere e indipendenti, mi assale una sensazione di
sorpresa e di incredulità. E ogni volta mi stupisco, già nel definirle e di
scoprirle adulte, e del naturale ruolo di persone che la vita disegna e
costruisce via via nella storia individuale di ciascuno. Un sentiero accidentato di esperienze che si tuffa e
si confronta in quello collettivo della società dei diritti e dei doveri.
Ma, ugualmente, mi prende la nostalgia canaglia: un
improvviso ricordo, un luogo fatato, una serena vacanza, un episodio, un
dialogo, un sorriso, un capriccio, un momento di piacere, di paura o di
soddisfazione.
Mi succede spesso.
Sarà l’età delle
canute chiome, l’emotività senile, il tempo che viaggia nella sua autonoma
dimensione e che cambia le tue attese, i tuoi problemi e anche i tratti del tuo
corpo.
Sarà la cinica
realtà che impone, senza sconti ed omissioni, il suo ruolo, decisivo e
dominante, su tutto ciò che appare o che ti sembra di scoprire. Che a volte
attrae, t’invoglia o ti lusinga, ma spesso inganna con le sue asettiche,
amorali leggi di natura. Che manifesta la sua assoluta indifferenza alle tue
pene.
Che non rispetta i
sentimenti, non riconosce le fasi di un percorso di vita che nel suo divenire
appare lontano e lento, ma all’improvviso è già passato in quell’attimo che non
hai saputo cogliere.
A quella realtà
non gliene fotte niente dei tuoi “se” e dei tuoi “ma”, dei tuoi programmi, dei
tuoi ragionamenti, delle tue giustificazioni.
Non resta che
prenderne atto, ma con fierezza e con orgoglio: è come se infanzia,
adolescenza, giovinezza, maturità e vecchiaia fossero solo titoli, capitoli
fittizi nel nostro libro dell’esistenza, utili alla sua narrazione e a dare un
senso alla sua lettura. Per non sovrapporre fatti, date e accadimenti,
particolarmente crudi e difficili nell’impatto realizzativo, ma destinati poi a
diventare solo ricordi.
Dalle speranze,
alle presunte certezze, passando attraverso problemi vari, lotte, conquiste,
illusioni e difficoltà, per raggiungere un traguardo, apparentemente assai
lontano, fatto di tante tappe di pianura, di discesa e di montagna, dove vinci
o perdi, ti abbandoni o ti distingui, tra una folla di persone care, di
compagni, di affetti e d’amicizia che accompagnano la tua corsa e tifano per
te.
E così scopri che
crescere e invecchiare sono sinonimi.
Che non ci sono
punti fermi, di arrivo o di partenza.
Che nulla è
immutabile e per sempre.
Che quella realtà
che ti provoca, ti ignora o ti avvolge nei suoi abiti cangianti, si
smaterializza e perde la sua autenticità, la sua evidenza storica.
Che quelle bimbe
che prendevi in braccio, che proteggevi, che imboccavi, che carezzavi, che
curavi, che seguivi e che incondizionatamente amavi, con una dose d’ansia, a
volte, esagerata, vivono una propria giusta dimensione, affrontano i problemi
della vita con coraggio, sanno farsi valere ed apprezzare, navigano nel
procelloso mare della vita, senza il tuo aiuto e i tuoi aliti di vento.
Da tempo hanno
sciolto gli ormeggi, levato l’ancora, alzato le vele e preso il largo, anche se
resti, non solo all’orizzonte, una precisa boa di riferimento, un’ansa discreta
di sicurezza, un porto sicuro dove riparare in caso di tempesta.
Finché lo vuole la Capitaneria di Porto.
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