La bocca semi aperta della montagna cattiva
sta rilasciando pur fra mille difficoltà, contorsioni, anfratti
tortuosi, luoghi angusti e fiumi d’acqua, i suoi giovanissimi prigionieri, che
aveva prepotentemente fagocitato. La vicenda dei ragazzini thailandesi, incredibile ma
vera, sta tenendo in ansia tutto il mondo.
Si trovano a tre chilometri di distanza e 800
metri di profondità dall’ingresso della grotta. hanno bevuto per quasi venti
giorni acqua piovana, mangiato probabilmente insetti e forse pipistrelli.
Intanto, si continua ad aspirare acqua,
pompare aria nelle caverne, attrezzare il “percorso” con cavi, sensori, luci e
punti di soccorso, a insegnare ai ragazzini minimi rudimenti di nuoto subacqueo
e a utilizzare respiratori ed erogatori d’aria.
Da due giorni, sono partite le operazioni di
salvataggio nelle quali sono impegnati tredici sommozzatori specializzati stranieri
e cinque thailandesi: devono trasportare i ragazzi fuori dalla cavità, dove
hanno trovato riparo, attraversando cunicoli bui e invasi dall’acqua e dal
fango.
Prima di farlo, hanno sistemato lungo il
percorso le bombole di ossigeno.
Ci sono due sub per ogni ragazzo, che viene
legato a un soccorritore che lo guida con corde, guanti e bombole d'aria, prima
nella parte sott’acqua e poi nel tragitto da percorrere a piedi, attraverso stretti
passaggi e seguendo le funi e i segnali luminosi sul percorso. È una lotta
contro il tempo: nella zona piove moltissimo e l'acqua dentro le grotte risale,
anche se per ora viene tenuta sotto controllo.
Gli otto ragazzi già usciti sono in ospedale,
affaticati ma in buone condizioni, Non hanno ancora potuto riabbracciare le
famiglie, a causa del rischio di contrarre infezioni: i familiari possono
vederli solo attraverso un vetro.
Oggi, salvo imprevisti, dovrebbero
concludersi le operazioni di salvataggio della squadra dei dodici piccoli calciatori
e del loro allenatore dalle grotte di Tham Luang, nel nord della Thailandia,
tra ambulanze, infermieri, volontari, elicotteri, soccorritori dell'esercito e
anche i 1300 giornalisti giunti da tutto il mondo, oltre ai parenti dei ragazzi.
Tutto questo ricorda la tragedia di Alfredino
Rampi a Vermicino del 1981, la prima, in assoluto, seguita mediaticamente, in
diretta, minuto per minuto, che sconvolse tutti gli italiani, e non solo,
davanti ai televisori o incollati alle radioline. Fu il primo esempio di
cronaca-spettacolo, di partecipazione popolare indotta dalla televisione, dagli
speciali, dalla stampa e dalla presenza massiccia sul luogo di tecnici, esperti,
soccorritori, esercito, trivelle e mezzi di ogni tipo, che suscitò profonda
emozione e dolore collettivo. Anche nel presidente Pertini, sensibile e commosso,
come tutti, presente a lungo accanto al famigerato pozzo.
Ma, per fortuna, al di là del clamore mediatico,
in questo caso thailandese le cose stanno procedendo spedite e tutti aspettano
la conclusione di una missione, difficile e delicata, che neanche Indiana Jones
avrebbe potuto immaginare.
Chissà se alla fine di questa assurda storia, grottesca in
tutti i sensi, il giovane allenatore-guida, sopraffatto dai sensi di colpa, farà
karakiri.
(Alfredo Laurano)
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