Di
nome e di fatto.
Nella
sua vita politica, nella sua convinta militanza nella Sinistra illuminata e
libertaria, Valentino Parlato ha sempre “parlato” la stessa lingua: quella
della coerenza, della ragione e del coraggio. Quella di una Sinistra “che oggi non si riconosce nemmeno allo
specchio”, come aveva detto di recente.
Una
vita dalla parte del torto, per ricordare un felice slogan del Manifesto, a vent’anni
dalla sua fondazione. Una voce libera e autorevole, un vero intellettuale che
nel corso della sua vita ha fatto del giornalismo indipendente il cuore
pulsante di quel giornale, la sua anima critica e pungente. Parlato appartiene
ad una sinistra che forse non esiste più.
Gentile
e ironico, Valentino fumava ottanta sigarette Pueblo al giorno e beveva vino
bianco, anche di buon mattino. Forse anche per questo, era sempre cordiale e
ben disposto, sorridente e pronto al dialogo con tutti.
L’ho
incontrato in varie occasioni, sempre arguto e vivace nella sua amabile
stravaganza, appassionato quanto concreto e realista in quel gran caravanserraglio,
anarcoide e scapestrato (cit. Loris Campetti, del Manifesto), che era quel suo quotidiano
comunista.
Con
Luigi Pintor, Rossana Rossanda e Luciana Castellina, era uno dei pochi
giornalisti scomodi, capaci di andare contro corrente, di vedere oltre l’immediato
e di segnalare la debolezza di una Sinistra, incapace di cogliere
i mutamenti della società.
Scrive
ancora, per ricordarlo, un commosso Campetti: “Se Pintor mi ha insegnato a scrivere e Rossanda a pensare, da Valentino
ho imparato a mantenere sempre un rapporto con la realtà. Queste sono le mie
idee – diceva con provocatoria convinzione – ma sono disposto a cambiarle”
Licenziato
da Rinascita e cacciato dal PCI nel 1969, dopo i fatti in Cecoslovacchia, con
quel gruppo di “eretici”, tutti intellettualmente onesti e di specchiata integrità
morale, fondò nel 1971 Il Manifesto e continuò la sua lotta politica in quel
giornale simbolo, che ispirò e accompagnò le idee di una nutrita schiera di
giovani idealisti, me compreso, che in quegli anni lo portavano orgogliosamente
sotto il braccio, andando al lavoro, a scuola o all’università. Conservo ancora
i primi numeri del Manifesto, con i suoi articoli, i suoi corrosivi editoriali.
Erano
altri tempi, quelli della “Rivoluzione
che non russa”.
Venendo
ad oggi, di Renzi, che forse nemmeno lo conosceva, aveva ultimamente detto:
"E' capace e intelligente, un leader.
Ma non mi è mai piaciuto”.
E
una giovane commentatrice, che ne ha ben colto al volo il senso, all’annuncio
della sua morte dovuta a una fulminante pancreatite, ha scritto con spirito sinteticamente
caustico: “Queste ultime primarie devono
essergli state fatali”. Come a dire: “me
so magnato er fegato!”
Ciao Valentino, assapora il
tuo riposo con un bel bicchiere di quel bianco che amavi tanto.
3 maggio 2017 (Alfredo
Laurano)
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