Vorrei proprio sapere, e non credo di
essere il solo, perché Letta non ha voluto e preteso il passaggio in
Parlamento.
Qualcuno pensa che abbia preferito dare una
lezione di serietà e di correttezza istituzionale, per non sputtanare ancor di
più il suo partito (ammesso che ciò sia possibile).
Una risposta di composta dignità che, a mio
modesto avviso, chi ti pugnala a tradimento non merita davvero.
Con meno nobiltà, anzi, ne avrei fatto
esplodere le contraddizioni e avrei messo a nudo trame, menzogne e falsità,
proprio attraverso una legittima richiesta di fiducia nell'aula deputata, dove
ognuno avrebbe dovuto metterci la faccia.
Una
volta, nei paesi democratici, i governi nascevano e morivano lì. Lì si
risolvevano le crisi, attraverso un dibattito e il conseguente voto di fiducia.
E il premier, in caso di sconfitta della sua maggioranza andava a casa
sfiduciato dal Parlamento – e non da una
congrega di democristianizzati - dopo una visitina di commiato alla
collina del Quirinale.
In questo caso, dopo un superfluo voto
casareccio, formale assai scontato, Letta è stato scaricato, in stile “usa e
getta”, con una specie di telegramma, o
una e-mail o una virtuale pacca sulle spalle - visto che non era presente in quella Direzione - da
gente del suo stesso partito che, in buona parte, non siede nemmeno a Montecicoria,
come deputato o fruttivendolo e, quindi, senza averne titolo.
E' come se l' amministratore di un
prestigioso stabile venisse estromesso, non dal voto dell'assemblea del
condominio, ma dai suoi stessi familiari o dai suoi amici del bar o di
biliardo.
Fatto
fuori quindi, aumm, aumm... un po' come fanno congiurati, mafiosi e camorristi
quando devono decidere di sopprimere qualcuno che è diventato scomodo e di
troppo. Anche se, va detto, questi, per decenza, non fanno finta di votare.
Certo, non c'è molto da stupirsi, visto che
ormai viviamo in regime di semilibertà vigilata e controllata della democrazia,
sempre più condizionata dagli umori di chi la usa in funzione della propria
ambizione smisurata. E la modella, indifferente ad ogni valutazione morale,
secondo necessità e interessi di bottega, sfruttandone la duttilità e forzando,
a dismisura, regole e paletti.
Una democrazia trattabile, dinamica e flessibile
e dalle elastiche funzioni, che giustifica, ove necessario, anche l’inganno, il
tradimento e l’incoerenza.
Una specie di oligarchia del desiderio e
del bisogno, al sapor machiavelliano, di cui ha dato sfoggio, in queste ore,
proprio il principe-puffo fiorentino, a lungo applaudito nella contea di Arcore.
15 febbraio 2014 AlfredoLaurano
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