Quella
specie di forte turbamento che, nella recente sentenza della Corte di Appello
di Bologna, ha fatto dimezzare la pena all’omicida, reo confesso, che strangolò
a mani nude, nel 2016 a Riccione, Olga Matei, la donna con cui aveva una
relazione.
Una
sorta di attenuante - se non proprio una giustificazione - in un delitto
commesso sotto quell'influsso, che fa da contraltare a un preconcetto culturale
e sessista che, per secoli, ha fatto ritenere le donne sempre poco affidabili e
anche un po' folli, perchè prede tormentate, in subbuglio e succubi delle
"tempeste ormonali", che non sono mai state delle scusanti, ma, al
contrario, motivo di condanna e di dileggio.
Lo
stesso dubbio vale per la giovane donna uccisa a Messina dal suo convivente,
con estrema brutalità. Sul suo corpo sono stati trovati evidenti segni di
violenza, soprattutto al volto: picchiata a sangue con calci alla testa, pugni
e capelli strappati. Pochi giorni fa, la povera Alessandra aveva profeticamente
postato un video di "Un posto al sole", con riferimento alla violenza
sulle donne.
O
per un’altra donna di 36 anni, madre di tre figli, uccisa a botte dal marito a
Miano, nella periferia di Napoli: "Non respira più, aiutatemi", ha
detto ai sanitari, quando ha chiamato il 118. Anche in questo caso, per i
vicini era una coppia tranquilla.
Alla
base di questi stupri e femminicidi vari, sempre e solo raptus o “tempeste
emotive”, determinate dalla gelosia, dall’idea del possesso e della donna
oggetto o schiava di piacere.
Nulla
che vedere con lo “Sturm und Drang” (tempesta e impeto) del romanticismo
letterario tedesco o con il “Brainstorming” contemporaneo, modalità di lavoro
di gruppo, soprattutto pubblicitario, in cui si sfrutta il gioco creativo
dell'associazione di idee.
Dietro
tanta violenza maschile, frustrazione e repentini pentimenti che durano il
tempo di ricominciare il gioco dall’inizio, in uomini apparentemente normali,
ma sadici e misogini. Padri, mariti, compagni, ex conviventi, che non
sopportano di essere lasciati o traditi: tutti deprivati dell’autorità maschile,
che si sentono destabilizzati (e fortemente disorientati) di fronte
all’emancipazione femminile, consapevoli che questa epoca ha tolto loro una
certa forma di dominio e di potere.
In
virtù di queste valutazioni psicologiche e asimmetriche fra i sessi, decideranno
i tribunali cosa è legale, quando sia reato, come e per quanto debba essere
punito.
Si
chiama giustizia patriarcale ed è il paradigma sotto il quale viene resa una
giustizia iniqua e contro le donne
Evviva
l’Otto Marzo! La festa "alla" donna è servita
8
marzo 2019 (Alfredo Laurano)
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