sabato 2 marzo 2019

QUELLA MAGLIETTA COSTA CARA


“Quella sua maglietta poco “fine”, tanto vile al punto che m'immaginavo tutto. E quell'aria da bambina sorridente e un po’cretina…” Così, forse, Baglioni canterebbe oggi il suo piccolo grande orrore!”
Ve la ricordate tale Selene Ticchi, che, pochi mesi fa si presentò alla commemorazione della marcia su Roma a Predappio con una maglietta, con la scritta "Auschwitzland”?
E’ stata condannata dal tribunale di Forlì per violazione della legge Mancino, che vieta la ricostituzione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista.
Il decreto penale prevede una pena di quattro mesi di reclusione, convertita in multa di 9050 euro.
Quella vergognosa e ignobile maglietta nera (che mi sono permesso allora di definire “straccetta nera”), indossata dall'ex candidata sindaco di Forza Nuova a Budrio, scimmiottando il logo della Disney, recava l'immagine del campo di sterminio in Polonia e irrideva i morti di quello stesso campo, ridisegnato come un parco dei divertimenti.
Riporto quanto ho scritto in quella occasione.

STRACCETTA NERA
Ci vuole veramente un bel coraggio ad indossare quella maglietta disgustosa e vile. O una abbondante dose di imbecillità congenita ed incoscienza.
C’è scritto Auschwitzland su quello straccetto nero ispirato alla Disney, indossato a Predappio da tale Selene Ticchi, già candidata sindaco di Budrio, nella manifestazione di rievocazione della Marcia su Roma del 28 ottobre 1922.
Il lager di Auschwitz pubblicizzato come un parco giochi, come Disneyland, come Acqualand, come Zoomarine o Fiabilandia: una provocazione orribile che irride l'ex campo di sterminio nazista, come se la Shoah non fosse mai esistita e non fosse costata la vita a un intero popolo. Tutto questo è ancor più insopportabile nell'80° anniversario delle leggi razziali. 
Semplice “Humor nero”, l’ha definito la stessa invasata militante di Forza Nuova, che, peraltro, l'ha espulsa dal partito.

Forse la tettona neo-fascista non se ne rende conto, forse è un’incapace, forse non è proprio in grado di capire che quella volgare t-shirt è un insulto all’umanità e offende la memoria di milioni di persone che sono state perseguitate, deportate, torturate e uccise.
Ma, al di là della oscena ironia, ancora esiste questa gente? Questi indecenti pagliacci travestiti che sfilano in parata, giocando con la Storia? Queste teste rasate che inneggiano a Benito, che indossano il fez, la camicia nera e gli stivali, che fanno il saluto romano, che cantano o fischiettano Faccetta Nera, che marciano e gridano “duce, duce, onore al duce” e slogan fascisti, senza incorrere nel reato di apologia?
Dipendesse da me, la lascerei rinchiusa per almeno una settimana, a pane e acqua, in una delle tante gelide baracche di quel lager polacco, a riflettere sulla propria inconsistenza umana.
 1 marzo 2019 (Alfredo Laurano)



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