È confermato:
sono oltre 5 milioni i poveri assoluti in Italia, il numero più alto dal 2005.
Crescono anche i poveri relativi, cioè coloro che, pur avendo un lavoro,
arrivano con difficoltà alla fine del mese e non hanno da mangiare due o tre
volte al giorno: quasi 10 milioni di persone.
Più si è
giovani, under 35, più si è poveri. L’indigenza è aumentata soprattutto a Sud,
nelle grandi città e nei centri fino a 50 mila abitanti. Il fenomeno è tuttavia
presente anche nelle periferie delle aree metropolitane del Nord.
Tra costoro, ci
sono i disoccupati, i pensionati al minimo, i separati che hanno perso famiglie,
salari e sicurezze e, magari anche il lavoro, quelli che mangiano alla Caritas,
che vivono in macchina o nelle roulotte.
Poi, ci sono i
fortunelli, quelli che hanno vinto la speciale lotteria del santo amico. Sono
quelli di una speciale casta - parlamentari e manager - che godono di immorali
privilegi, catturati non proprio col sudore della fronte.
Le pensioni
d’oro - da 6 a 90mila euro netti al mese - sono inaccettabili, ma sono figlie
delle disuguaglianze del lavoro che, prima o poi, qualche governo (anche
l’attuale) dovrà seriamente e organicamente riformare. Teniamo conto che la
maggior parte dei pensionati italiani - il 75% - prende meno di 1.000 euro di
pensione al mese,
I vitalizi di
6-7000 euro, riconosciuti anche a chi è stato solo tre giorni in Parlamento (i
comuni cittadini devono lavorare fino a settant'anni), non sono diritti
acquisiti, ma privilegi rubati, sonori schiaffi alla miseria.
Chi non è d’accordo
su queste apodittiche affermazioni?
Tali squilibri
attuali sono, in ogni caso, il frutto di forti differenze salariali, durante la
vita lavorativa, tra super-stipendi di dirigenti pubblici, ad esempio, e paghe
dei lavoratori a basso reddito, divisi tra salari da fame e contratti precari a
intermittenza.
Le
discriminazioni e i confronti sono evidenti e scandalosi.
Ma, tuttavia, per
onestà intellettuale, per non gettare fumo agli occhi degli italiani già
incazzati, per non cadere nella populistica trappola delle apparenze, dei titoloni
dei giornali, delle sdegnate rivolte popolari, è bene ricordare che i vitalizi
erogati a ex deputati dalla Camera sono in tutto 1.405 (per quelli in carica e
quelli futuri, il vitalizio non c'è più), e nemmeno tutti dovrebbero essere
ricalcolati e abbassati col sistema contributivo, per un presunto risparmio
totale di 35-40 milioni per le casse dello Stato. Un’inezia, un segnale del
tutto simbolico e morale, rispetto al pesante debito pubblico che ci portiamo
sulle spalle.
Stesso discorso,
più o meno, vale per le circa ventimila pensioni auree di felici paperoni.
L’eventuale
sforbiciata (490 milioni, che per oltre la metà verrebbe annullata dal minor
gettito Irpef) “non può violare il
principio di affidamento perché, in corso d’opera, non si possono cambiare le
regole del gioco in maniera significativa. Se una persona ha pensione da 4mila
euro, non ci potrà essere un taglio a 1500 perché la sua vita ne verrebbe
stravolta”.
Il legislatore
può quindi effettuare solo interventi di carattere eccezionale, transitorio e
non arbitrario allo scopo prefissato, per non cadere nell’incostituzionalità.
Per non parlare
del fatto che eventuali tagli su vitalizi e pensioni d’oro rischiano di far
scattare ricorsi a catena e class action (gli ex parlamentari già protestano: "chiederemo i danni ai membri dell'ufficio
di presidenza della Camera") e di portare vantaggi economici assai
risicati e del tutto insufficienti a finanziare misure come il reddito di
cittadinanza o l’aumento delle pensioni minime.
A meno che
tutto ciò non costituisca un diversivo cavallo di Troia per rimettere in
discussione tutte le pensioni retributive degli italiani che, come il presidente
dell'INPS Tito Boeri ha più volte suggerito, verrebbero ricalcolate con l'attuale
metodo contributivo.
Quindi, non
facciamoci illusioni, aboliamo i privilegi dove si può e accontentiamoci della
pillola morale che rinfranca la coscienza e rispolvera il senso di giustizia e
pulizia.
È opportuno,
però, andare oltre, lavorare, progettare, disegnare e costruire una società più
equilibrata, sotto il profilo del reddito lavorativo e di conseguenza di quello
pensionistico, pur nei vincoli inalienabili del liberismo.
Anche per dare
un segnale di fiducia ai delusi, ai giovani e alle nuove generazioni. (Alfredo Laurano)
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