Tutti ormai sappiamo che in
Libia si consumano violenze come nei campi nazisti. Ce lo hanno documentato
varie inchieste e reportage, ce lo raccontano Viviano e Ziniti, in "Non lasciamoli
soli", dove ci spiegano quanto sia atroce quello accade al di là del mare
nostrum.
L’inferno esiste ed è proprio
in Libia.
Centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini vengono ogni giorno
torturati nel fisico e annientati nella mente, proprio come nei campi di concentramento.
Sepolti vivi e dimenticati in quell’enorme buco nero che è diventata la Libia
dopo gli accordi dell’estate scorsa tra il governo italiano di Gentiloni-Minniti
e quello di Fayez Al Sarraj. Quell’intesa, definita “disumana” dalle Nazioni
Unite, ha trasformato il paese africano in una trappola mortale: i migranti che
vogliono arrivare in Europa, ma anche quelli che sono stati respinti, vengono
portati nei centri di detenzione, i nuovi lager.
In Libia attualmente ce ne
sono 34, controllati dal Ministero dell’Interno di Tripoli e, di questi, solo
una ventina sono quelli che le agenzie Onu, Oim e Unhcr hanno potuto visitare.
Quello che accade in quei
luoghi è atroce. Da quando le partenze verso l’Italia sono rallentate, qui i
tempi di permanenza dei migranti si sono notevolmente allungati.
Chi è riuscito a fuggire da
quei lager, ha raccontato di donne e bambine violentate da decine di uomini,
costrette a prostituirsi, e di ragazzi che, arrivati in Libia, dopo mille
peripezie, per poi cercare di raggiungere l’Europa, hanno scelto di diventare
loro stessi torturatori.
Poi ci sono quelli che vengono
utilizzati per fare i becchini del mare, raccogliendo migliaia di corpi di
uomini, donne e bambini, senza gambe, braccia, a volte senza testa e che tutti
i giorni sono costretti a riempire le fosse comuni, sotto le dune di sabbia del
deserto. In tre anni di corpi ne ha raccolti a migliaia.
Tutto questo mentre l’Italia
ha deciso di addestrare, finanziare e dotare di motovedette la guardia costiera
libica, che non fa altro che riportare quelle persone nei centri di detenzione.
Hanno fatto il giro del mondo le immagini registrate dalle telecamere della
nave della Ong Sea Watch in acque internazionali in cui si vedono i miliziani
della guardia costiera libica maltrattare e gettare in mare i migranti che
cercavano aiuto.
La strategia dell’ex ministro
dell’Interno Marco Minniti, che oggi critica il comportamento di Matteo
Salvini, non sembra abbia fatto di meglio con i “respingimenti concordati” con
questi trafficanti.
Quando l’Onu l’ha denunciato,
l’ex governo e la maggioranza sono rimasti in silenzio. Perché l’accordo (riccamente finanziato) tra Italia e Libia
ha avuto come conseguenza quella di allungare i tempi di permanenza nei lager.
Certamente è stato un patto
criminale, perché gli sbarchi sono stati ridotti, ma hanno intrappolato in
Libia centinaia di migliaia di migranti, ridotti a schiavi e soggetti a ogni
tipo di tortura.
La verità è che nessun accordo
potrà arrestare il flusso migratorio epocale di questi ultimi anni, perché le
cause sono da ricercare nelle drammatiche condizioni di vita di buona parte dei
paesi dell’Africa. Dopo che li abbiamo sfruttati da sempre, non possiamo far
finta che non esistano, ancora più perché oggi l’Africa è un nuovo campo di
semina della jihad.
15 giugno 2018 (Alfredo
Laurano)
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