Quando le parole finiscono o non
bastano, quando le parole falliscono, quando le parole non si fanno capire
perché vengono da lingue diverse, arriva la musica.
Il potere della musica - sacra o profana,
classica o leggera, jazz, popolare, di protesta, folk, blues - è straordinario:
varca i confini legati a stati, ideologie e idiomi.
E’ il vocabolario internazionale della
comunicazione, rappresenta e nobilita i sentimenti della gente e dei popoli
diversi. Travalica ogni miseria e meschinità umana.
La musica è il linguaggio universale
della trascendenza.
In
tutte le sue espressioni, in tutta la sua storia che riflette e accompagna
quella dell’uomo e della natura. Si pensi, solo ad esempio, alla Pastorale di
Beethoven, alle Quattro Stagioni di Vivaldi o allo straordinario Concerto per
Clarinetto K622 di Mozart.
Come
di consueto, ho ascoltato e visto il (quindicesimo) concerto di Capodanno 2018
al Teatro La Fenice di Venezia, diretto dal coreano Myung-Whun Chung, che ha
condotto l’omonima Orchestra e Coro. Il programma musicale ha visto una prima
parte esclusivamente orchestrale, con le composizioni di Antonín Dvořák e una
seconda dedicata al melodramma, con una carrellata di arie, duetti e passi
corali dal repertorio operistico più amato, con brani di Verdi, Rossini, Bizet
e Puccini.
A seguire,
dalla sala d’oro del Musikverein di Vienna, impreziosita da trentamila rose, il rituale Neujahrskonzert dei Wiener Philharmoniker, trasmesso in oltre novanta paesi del mondo e diretto da Riccardo Muti (per la quinta volta).
dalla sala d’oro del Musikverein di Vienna, impreziosita da trentamila rose, il rituale Neujahrskonzert dei Wiener Philharmoniker, trasmesso in oltre novanta paesi del mondo e diretto da Riccardo Muti (per la quinta volta).
Come sempre, protagonisti valzer e
polke, galop e quadriglie, ouverture e coreografie varie della tradizione
austriaca, chiuse e concluse della incalzante marcia Radetzky.
Oltre
alle tante pagine della famiglia Strauss, ad aprire idealmente il 2018 come
anno rossiniano, nel centocinquantesimo dalla morte, il Wilhelm Tell Galopp di
Johann Strauss padre, ispirato, appunto, all’Opera di Rossini.
Capodanno a parte, dove la melodia
assume una valenza augurale e festosa, raggiante e gioiosa - come nel “libiam”
della Traviata di Verdi - resta la musica tutta, di tutti, di sempre.
La musica... Quella che amo, che adoro, che idolatro, che
venero.
Quella che medica. Quella che ti
estorce le lacrime. Quella che sembra essere l'unica entità che ti possa
capire. Quella che ti persuade. Quella che conferma la tua solitudine. Quella
che ti fa muovere. Quella che ti convince, anche se solo per un attimo, che
siamo degli esseri umani degni di lei.
La musica, bella o brutta, seria o
ignorante, santa o puttana che non ti abbandona mai. Quella che è l'unico,
vero, potente stupefacente.
È il suono dell'anima. E ti si attacca
alla pelle e al cuore per non lasciarti più.
Lo diceva la grande Mina, che un po’ se
ne intende.
2 gennaio 2018 (Alfredo Laurano)
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