Da
sempre la Storia ci racconta di stragi, guerre e violenze inaudite, ma lo
sterminio nazista - rispetto a tutti gli altri spietati delitti perpetrati
dalla belva umana - è stato, resta e
costituisce il peggior crimine consumato contro un intero popolo per
cancellarlo dalla faccia della terra. E’ la più atroce infamia di cui si è
macchiato l’uomo a livello individuale e collettivo, il più abominevole dei
genocidi.
Un’
ignominia che disonora e fa vergognare tutto il consorzio umano e che significa
e rappresenta anche la deriva totale della ragione, la soppressione di
qualunque sano sentimento e la negazione di ogni conquista di civiltà e di
progresso: Il trionfo della barbarie e dell’oscurantismo sulla solidarietà e
sull’uguaglianza.
Ancora
oggi si assiste ad un allarmante rafforzamento di ideologie xenofobe e
razziste, alimentate da ignoranza, violenza e malvagità che va combattuto con
ogni mezzo e con salda determinazione. Occorre in tutti una rinnovata e
costante presa di coscienza per non dimenticare, ora e sempre, l’abietta follia
che generò l’Olocausto.
Il
27 gennaio, una data ricordata in tutto il mondo, proprio perché in quel giorno
nel 1945, le truppe dell'Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di
Auschwitz, si celebra la Giornata della Memoria, in ricordo delle vittime della
Shoah, e per essere, anche e soprattutto, un comune momento di riflessione, di
lotta e di ammonimento.
Tanti
hanno raccontato quell’orrore e quella inaudita malvagità.
Primo
Levi, sopravvissuto ad Auschwitz, scrive la poesia Shemà (Ascolta!), quale preludio a “Se questo è un uomo”, pubblicato per la
prima volta nel 1947, in cui descrive l’internamento e la prigionia nel campo
di concentramento.
“Voi che vivete sicuri nelle
vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi
amici: considerate se questo è un uomo che lavora nel fango, che non conosce
pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no…”.
Ma
scrive anche: "L'Olocausto è una pagina
del libro dell'Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della
memoria".
D'impatto
anche due frasi dai campi di concentramento. La prima è incisa in trenta lingue
su un monumento di Dachau: "Quelli
che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo".
La
seconda è apparsa su un muro di Auschwitz, scritta da un internato: "Se Dio esiste, dovrà chiedermi
scusa".
Un
altro superstite dell'Olocausto, Elie Wiesel, scrittore, saggista, filosofo,
attivista per i diritti umani e vincitore del premio Nobel per la pace nel
1986, scriveva: "L'opposto
dell'amore non è odio, è indifferenza. L'opposto dell'arte non è il brutto, è
l'indifferenza. L'opposto della fede non è eresia, è indifferenza. E l'opposto
della vita non è la morte, è l'indifferenza".
Anche
Liliana Segre, da pochi giorni senatrice a vita, nel suo "Sopravvissuta ad Auschwitz" scrive:
"Lo racconto sempre ai
ragazzi perchè devono sapere, e quando si passa in una stazione qualsiasi e si
vedono i vitelli o i maiali portati al mattatoio, penso sempre che io sono
stata uno di quei vitelli, uno di quei maiali".
"Vivevamo immersi nella
zona grigia dell'indifferenza. L'ho sofferta, l'indifferenza. Li ho visti,
quelli che voltavano la faccia dall'altra parte. Anche oggi ci sono persone che
preferiscono non guardare".
"Più di 6000 ebrei
italiani furono deportati ad Auschwitz. Siamo tornati in 363".
27
gennaio 2018 (Alfredo Laurano)
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