La lingua cambia, si aggiorna, si amplia, si rinnova e, da diversi anni, anche il vocabolario della ristorazione e al cibo è in rapido mutamento: nascono e crescono sempre più i locali con il suffisso "eria", il cui nome è legato a un singolo prodotto, a una specialità che diventa protagonista.
Nel contempo, alcuni classici, come drogheria, pizzicheria, frutteria, salumeria, salsamenteria spariscono di fatto dall’uso quotidiano.
Gli stessi termini “ristorante,
trattoria, osteria” sono in rapido declino, mentre avanzano prepotentemente
neologismi legati a locali monotematici e, spesso, alternativi, capitanati
dalle hamburgherie, che sono state le prime in questa corsa alla modernità, con
buona pace del mitico Artusi.
Viene da chiedersi se a questa
trasformazione linguistica corrisponda anche una rivisitazione in positivo
della nostra nobile arte culinaria. Personalmente, ne dubito, con molti “se” e
molti “ma”.
Oggi, le insegne eno-gastronomiche che
finiscono in “eria” sono, infatti,
sempre più alla ribalta: spaghetteria, griglieria, polpetteria, piadineria,
bruschetteria, tartineria, bracioleria, prosciutteria, insalateria,
cornetteria, frullateria, tutte
accanto alla antica, precorritrice pizzeria. Aspettiamoci le fettuccinerie, le
aragosterie, le fungherie o le ostricherie. Prima o poi, arriveranno.
Dietro a queste nuove terminologie di
linguaggio settoriale, si riflettono, tuttavia, le mode e i cambiamenti del
gusto e dell’alimentazione - quasi sempre orientati e determinati dai
persuasori occulti - e del modo di consumare cibo e bevande, molto
significativo e individualizzato. Anche perché si mangia sempre più spesso
fuori casa, cercando, soprattutto nella pausa meridiana, un pasto leggero,
rapido e a basso costo, anche in piedi, al bancone del bar, del forno o della
rosticceria, o su una mensola pietosa e comprensiva.
Ci si nutre e ci si ristora a tutte le
ore, si può disporre di piatti caldi, di sfizi e spuntini in qualsiasi momento,
in tempi brevi e con modalità semplici e non impegnative, come da sempre accade
nei fast-food, nati per questo.
Il successo e il dilagare degli
apericena, degli aperitivi, dei cocktail con buffet e stuzzichini che spesso
sostituiscono la cena e che hanno cancellato la sana merenda di una volta, ne
sono l’evidente conferma.
E’
il nuovo che avanza, lottando, spesso scorrettamente, contro le resistenze di
un Paese vocato e baciato dalla bontà del cibo, delle risorse climatiche e
ambientali, dei prodotti e dall’eccellenza enogastronomica, come il nostro. Un
territorio sconfinato che cerca di difendere le sue gloriose tradizioni,
soprattutto a livello locale e regionale, mantenendo vive migliaia di sagre,
miti e feste popolari che esaltano e consacrano (da qui l’origine del nome) ricette
tipiche, genuine e stagionali, quali espressione concreta di storia, civiltà,
folclore e autentica sapienza contadina.
Sarà
per questo che nonno Libero, alias Lino Banfi, ha appena aperto a Roma, in zona
Prati-Cavour la sua Orecchietteria
(undici tipi di orecchiette, tutte coniugate in rigoroso pugliese banfiano),
l’unica in “eria” che mancava.
Almeno, fino ad oggi.
(Alfredo Laurano)
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