Questa morte non può restare un fatto di cronaca estiva, è un atto di accusa verso un mercato del lavoro agricolo colpito dalla piaga dello sfruttamento e del capolarato.
Le condizioni in cui sono costretti a lavorare questi avidi migranti che “rubano il lavoro agli italiani” - che, di conseguenza, sono costretti a soffrire al mare o davanti ai condizionatori - sono disumane: alloggio in luridi tuguri - a volte senz’acqua e senza luce -, raccolta incessante di pomodori (o meloni, cipolle, cocomeri), dall’alba al tramonto, a schiena china, per un guadagno dai due ai cinque euro all’ora, sotto il sole cocente e i quaranta gradi di calore.
E’ la nuova frontiera dell’immigrazione agricola.
(Alfredo Laurano) 22.7.15
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